La Granfondo più dura al mondo ha visto 622 italiani al via
Stefano Cantalupi
1 settembre – 00:00 – SOELDEN (AUSTRIA)
C’erano anche 622 italiani, tra gli oltre 4000 atleti che hanno dato vita all’edizione numero 44 della Ötztaler Radmarathon, la Granfondo più dura che ci sia, coi suoi 5500 metri di dislivello distribuiti su 227 km. “Atleti”, sì, perché anche chi non aveva velleità di classifica ha comunque dato il, nello spirito “sognante” di questa corsa che alla fine premia i più tenaci e li veste con l’ambitissima maglia riservata ai “finisher”, ovvero a coloro che tagliano il traguardo entro il tempo massimo. L’ultimo classificato, qui nella valle di Ötz, viene portato in trionfo tanto quanto chi vince: arriva a sole già ampiamente tramontato e corona il “Traum”, il sogno di completare un’impresa destinata a restare nella memoria di ogni cicloamatore.
MASSACRANTE—
Il percorso è uguale per tutti: niente sconti, nessuna scelta. L’avvio è alle ore 6.30 da Sölden nella valle tirolese dell’Ötztal, da dove il serpentone di ciclisti prosegue verso il fondovalle dell’Ötztal, quando ancora il cielo si tinge delle luci dell’alba. Da lì si affronta il Kühtai (2.020 m), il primo passo dopo una discesa di circa 30 km. Il percorso, in direzione Brennero (1.377 m), sconfina in Italia a Vipiteno, scalando successivamente i passi Giovo (2.090) e il temutissimo Rombo (2.509 m), per poi fare ritorno a Sölden in Tirolo. In sintesi: 40,5 km di percorso pianeggiante, 95,7 km di salita e 101,9 km di discesa. Fortunatamente – cosa niente affatto scontata a fine agosto – la corsa s’è svolta sotto un cielo azzurro senza nuvole, col sole a illuminare la strada, anche per le 392 donne che hanno preso il via (la presenza femminile cresce in maniera incoraggiante, anno dopo anno).
PROFETA IN PATRIA—
Il senso della Ötztaler Radmarathon è essenzialmente uno: arrivare al traguardo, o almeno provarci con tutte le forze. Qualche nota di cronaca, però, la merita anche il lato competitivo di questa domenica, anche perché il vincitore ha sfiorato il record cronometrico assoluto, mancandolo per un solo minuto: a imporsi è stato il tirolese Daniel Federspiel in 6 ore, 48 minuti e 55 secondi. Al secondo posto Jonas Holzknecht (6.52.26), atleta locale di Laengenfeld, terzo lo svizzero Matthias Reutmann. Il primo degli italiani, Stefano Cecchini, s’è piazzato quinto, chiudendo in 6.52.55. Sul podio femminile, per il terzo anno consecutivo, ha festeggiato la tedesca Janine Meyer (7.22.32) davanti alla connazionale Eva Schien e all’austriaca Belinda Holzer. Prossima edizione: tra un anno quasi esatto, il 30 agosto 2026. Il “Sogno” continua.
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