L’Inps ha fissato il 19 settembre come termine ultimo per i pensionati che ricevono pensioni integrate o maggiorate in base alla loro situazione economica. Entro quella data devono comunicare i redditi degli anni 2020 e 2021, altrimenti scatteranno sospensioni e possibili revoche.
Vediamo bene come funziona, chi rischia e come inviare la documentazione.
Verifiche Inps su redditi e rischio sospensione pensioni
L’Inps ha il compito di controllare se i redditi dichiarati dai pensionati corrispondono a quelli richiesti per ricevere integrazioni e maggiorazioni. Questo controllo lo fa ogni anno.
Quando manca la dichiarazione relativa al 2021, l’Inps non limita a segnalare l’assenza: sospende direttamente l’erogazione delle somme collegate al reddito.
Da quel momento scatta un conto alla rovescia di due mesi. Se entro quel periodo non arriva la regolarizzazione, la sospensione si trasforma in revoca definitiva delle pensioni, considerate dall’ente come “erogate in via provvisoria negli anni in cui rilevavano i redditi dell’anno 2021”.
A quel punto l’Inps non solo interrompe i pagamenti, ma può chiedere anche la restituzione delle somme già incassate dal pensionato.
Trattenuta come segnale di allerta
La sospensione non arriva all’improvviso. Prima di togliere un beneficio, l’Inps applica una trattenuta del 5% sull’assegno lordo: il taglio è partito a luglio e si è ripetuto sui ratei di agosto e settembre.
Questo è un segnale che serve a spingere i pensionati a sistemare i redditi mancanti. L’ente accompagna questa misura con una comunicazione formale, chiamata “Ricostituzione reddituale per sospensione”, che ogni anno raggiunge i soggetti interessati.
Chi percepisce assegni inferiori ai 100 euro al mese non subisce questa trattenuta, ma se non presenta i dati entro la scadenza, scatta comunque la revoca delle prestazioni.
Chi rischia la revoca delle prestazioni
Nel mirino finiscono soprattutto coloro che ricevono prestazioni aggiuntive legate al reddito, quali:
- integrazione al minimo;
- quattordicesima;
- maggiorazione sociale;
- importo aggiuntivo;
- assegno di invalidità non cumulabile;
- pensioni ai superstiti che non possono sommarsi ad altri introiti.
Chi vuole continuare a percepire queste presentazioni deve presentare una dichiarazione di ricostituzione reddituale riferita al 2021, così da aggiornare i dati fiscali richiesti. Ne restano fuori le prestazioni assistenziali, come pensioni e assegni sociali o i trattamenti di invalidità civile, che non dipendono dal reddito del beneficiario.
La situazione cambia per chi non ha mai inviato i redditi del 2020 entro la scadenza del 15 settembre 2024: per questi pensionati non c’è molto da fare, perché l’Inps ha avviato la revoca definitiva delle somme pagate in via provvisoria.
Sono saltate quindi integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, importi aggiuntivi e quattordicesima. Nei casi di pensioni ai superstiti e di assegno di invalidità soggetti al divieto di cumulo con redditi da lavoro, l’ente applica una trattenuta pesante che può arrivare al 50%.
Come inviare la documentazione
La comunicazione dei redditi non richiede procedure complesse: il pensionato può scegliere se inviare i dati direttamente online tramite il portale Inps, utilizzando le proprie credenziali, oppure affidarsi al supporto di Caf e Patronati che forniscono assistenza dedicata.
Ogni anno l’Inps prepara lettere di sollecito, in cui spiega passo dopo passo tempi e modalità per mettersi in regola. Chi non riceve la lettera a casa non resta senza informazioni: lo stesso documento si trova nell’area personale MyInps, accessibile con le credenziali digitali.