I pensionamenti dei novaresi riguarderanno commercio, manifattura ma soprattutto la sanità, che vede il pubblico sempre più in difficoltà a fronte di un privato che sta crescendo con nuovi centri nel capoluogo e in provincia. Per il Novarese sono previsti 23 mila pensionamenti entro il 2029 e la maggiore preoccupazione sulle conseguenze di questi numeri importanti riguarda la futura «Città della salute». Non c’è infatti solo un problema di cantiere, appalto e lavori per il nuovo ospedale. Le persone contano e il «Maggiore» sta vivendo un momento di difficoltà nel reclutamento dei dipendenti per coprire il turn over e le dimissioni. «Il rischio di svuotamento dell’organico pubblico è reale – premette Paolo Del Vecchio, segretario della Funzione pubblica della Cgil di Novara e Vco -. Il primo blocco importante di pensionamenti ci fu nel 2019, il secondo è atteso nei prossimi anni. Vanno sbloccati i vincoli alle assunzioni e adeguati i numeri degli iscritti a Medicina, dove qualcosa è stato fatto, e delle professioni sanitarie».
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Al problema dei pensionamenti si aggiunge quello delle dimissioni e questo pesa sull’ospedale attuale e ancora di più su quello futuro: «La mobilità del personale è alta e si muove verso il privato, anche all’estero in Svizzera, e tra aziende pubbliche – spiega Del Vecchio -. In particolare il “Maggiore” ha perso attrattività mentre l’Asl novarese ne ha guadagnata, con personale che si è trasferito da un’azienda all’altra. L’ospedale di Novara patisce già carenze e quindi turni pesanti, ferie e riposi limitati che causano l’allontanamento di altri dipendenti aggravando i disagi di chi resta».
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