Paul-Emmanuel Bassieres, 24 anni, ha piazzato la sua prima scommessa a soli 16 anni. Quel giorno, spinto dalla curiosità e dai suoi amici, decise di puntare dieci euro su una partita di calcio. La fortuna fu dalla sua parte: Bassieres vinse quella prima scommessa. Così continuò a giocare, e a vincere. Entro la fine della giornata, quei dieci euro erano diventati 350.

«Fu una sensazione incredibile. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentito finalmente ricco», ricorda. È seduto su una panchina fuori dall’università Sorbonne-Paris-Nord di Saint-Denis, bevendo una birra con un amico in un giovedì pomeriggio.

Per molti anni, Bassieres ha scommesso solo occasionalmente. Ogni tanto pubblicava le sue vittorie sui social media, e così le persone iniziarono a contattarlo per chiedergli consigli su dove puntare i propri soldi. Persino sua madre iniziò a chiedergli di scommettere per suo conto. «Se è in difficoltà mi dà 20 o 30 euro e mi chiede di scommettere. Si fida di me», spiega.

Bassieres ha continuato a giocare sempre più spesso, fino a cadere nella dipendenza all’inizio dei suoi vent’anni. Arrivava a scommettere fino a 600 euro alla volta, e vincere non era più un piacere: era diventato una necessità.

Dietro le pubblicità

In Italia le pubblicità al gioco d’azzardo sono illegali dal 2018, quando fu introdotto il decreto Dignità. Al contrario, in Francia queste pubblicità sono legali e possono essere trovate praticamente ovunque. Le società del settore aumentano le spese dedicate alle campagne di marketing, con poche restrizioni sul volume di pubblicità e sui tipi di media dove queste possono essere trasmesse.

Le restrizioni principali riguardano i contenuti dei messaggi trasmessi dagli operatori. Dal 2020 è vietato presentare il gioco d’azzardo come un modo per guadagnarsi da vivere o ottenere successo sociale, così come utilizzare minori o, più in generale, fare riferimento al loro ‘universo’ nelle campagne pubblicitarie.

Eppure uno studio pubblicato dall’Osservatorio francese sulle droghe e le tendenze additive (Ofdt), che ha analizzato oltre 100 pubblicità diffuse dopo il 2020, evidenzia che la legalità di alcuni contenuti pubblicitari «può essere messa in discussione». In alcuni casi, secondo lo studio, il gioco viene ancora presentato come un «mezzo per ottenere successo sociale»; in altri sono presenti riferimenti a videogiochi o cartoni animati.

Il problema è particolarmente evidente nella Seine-Saint-Denis, il dipartimento con il più alto tasso di povertà nella Francia continentale. Secondo un recente studio, un terzo dei giovani del dipartimento di età compresa tra i 13 e i 25 anni ha già scommesso. Tra i 13 e i 17 anni, l’84 per cento ha dichiarato di essere stato recentemente esposto a pubblicità sul gioco d’azzardo.

«La sensazione di essere poco protetti è molto forte tra i giovani» afferma Thomas Amadieu, professore alla scuola di commercio Essca di Parigi e autore dello studio. «La stragrande maggioranza pensa che ci siano troppe pubblicità. Pensano di essere male informati», spiega il ricercatore.

Vincere e perdere

Lancelot Di Matteo, 25 anni, è seduto accanto a Bassieres con una birra in mano. Alcuni anni fa, ispirato dalle vincite del suo amico, ha trascorso un mese a scommettere compulsivamente, convinto di poter vincere anche lui.

Eppure Di Matteo non è stato altrettanto fortunato. Alla fine di quel mese aveva perso 150 euro, senza vincere nemmeno una scommessa. «Ho capito che non ci avrei mai guadagnato, e ho smesso subito», dice.

Il desiderio di guadagnare soldi rapidamente è una delle motivazioni principali tra i giovani giocatori nel dipartimento, assieme alla speranza di cambiare vita e diventare ricchi. Questa narrativa può essere alimentata anche dalle pubblicità.

«È così facile scommettere che le persone iniziano molto presto, quando hanno 15 o 16 anni, a volte anche 14. A poco a poco, il gioco diventa la loro unica fonte di reddito» spiega Mélanie Longby, 19 anni e residente a Saint-Denis. Insieme all’associazione Je suis l’Autre e ai suoi compagni del liceo professionale Bartholdi, Longby ha prodotto due video parodici per sfidare questa narrativa.

Cofinanziate dal dipartimento della Seine-Saint-Denis e diffuse nel 2024, le parodie sono diventate una campagna di sensibilizzazione chiamata Loosamax, un gioco di parole sul nome del sito di scommesse francese Winamax, le cui pubblicità hanno ispirato i video.

Longby sa bene che le pubblicità possono raggiungere anche i più giovani. Suo fratello di 17 anni ha iniziato a scommettere quando ne aveva 15, ed è convinta che le pubblicità abbiano avuto un ruolo chiave nel farlo avvicinare al gioco d’azzardo. «È un problema stupido. Si potrebbe evitare facilmente, ma c’è così tanta pubblicità ingannevole che finisci inevitabilmente per essere esposto», dice. Winamax e Betclic, le cui pubblicità sono state analizzate nello studio dell’Ofdt, hanno declinato l’invito a un’intervista.

A confronto

All’interno del suo studio, Thomas Amadieu cita restrizioni o il divieto assoluto di pubblicità come una possibile soluzione al problema. «Penso che ci sia una strada intrapresa da molti paesi europei, che è quella del divieto o comunque di una forte restrizione», spiega il ricercatore.

Oltre all’Italia altri paesi europei hanno introdotto limiti alle pubblicità, come il Belgio, i Paesi Bassi e la Spagna. Il caso italiano è al momento tra i più restrittivi nell’Unione Europea, ma potrebbe esserlo ancora per poco. Lo scorso 5 marzo, la commissione Cultura e Sport del Senato ha approvato una risoluzione di Fratelli d’Italia che cancellerebbe il divieto imposto nel 2018, nell’ambito della più ampia riforma del mondo del calcio.

L’efficacia del divieto è comunque dibattuta: da quando è stato approvato, la spesa totale dei giocatori italiani è aumentata, fino a toccare i 150 miliardi di euro nel 2023. La spesa per il 2025 è stimata intorno ai 180 miliardi. 

Di recente, sono usciti anche i dati di uno studio di Bonus Finder, secondo cui il totale dei ricavi effettivi del gioco d’azzardo in Italia è di oltre 13 miliardi di dollari, tra casinò, lotterie e scommesse. Il Belpaese si attesta in quinta posizione in Europa. Primo il Regno Unito, poi Germania, Francia e Germania.

Limiti

L’Associazione Francese del Gioco Online (Afjel), che rappresenta la maggior parte delle grandi società francesi del settore, ha risposto al rapporto dell’Ofdt con un comunicato stampa. L’associazione ha dichiarato che «le società di gioco online e scommesse sportive assicurano il rigoroso rispetto del divieto di gioco da parte dei minori».

Il comunicato sottolinea che il gioco tra adolescenti è diminuito nel complesso, passando dal 38,5 per cento nel 2011 al 27 per cento nel 2022. Tuttavia, non menziona l’aumento osservato nel gioco online: solo il 14,7 per cento dei diciassettenni lo aveva praticato almeno una volta nel 2011, contro il 27,9 per cento nel 2022.

Da qualche mese Bassieres ha deciso di darsi un budget mensile di 50 euro per scommettere, dopo che alcune grosse perdite gli hanno fatto capire il vero costo del gioco. Una lezione che il suo amico Di Matteo aveva già imparato molto prima. «Il gioco è solo per i poveri. Perché mai dovresti scommettere soldi se li hai già?» conclude.

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