Avrebbero impiantato protesi al pene a carico del servizio sanitario senza che però i pazienti ne avessero i requisiti. Decine di interventi che hanno già portato a provvedimenti formali e che sono adesso al centro delle attenzioni delle strutture ispettive.
La vicenda riguarda l’ospedale San Giovanni di Dio e il suo reparto di Urologia: negli ultimi anni proprio qui, in collaborazione con un’equipe specialistica esterna, si sarebbe provveduto a impiantare delle protesi peniene, utili per sconfiggere l’impotenza. Un’attività fiorente e anche pubblicizzata che però ha insospettito innanzitutto l’azienda sanitaria provinciale soprattutto per il numero di pazienti interessati dalle procedure di impianto.
Le protesi peniene, utilizzate per trattare la disfunzione erettile grave, non sono generalmente incluse nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) italiani, quindi non sono coperte dal Servizio Sanitario Nazionale se non in casi specifici come quelli legati a patologie oncologiche. Questo significa che l’intervento per l’impianto di una protesi peniena è spesso a carico del paziente, a meno che non rientri in specifiche casistiche previste da esenzioni o convenzioni regionali.
Così, preso atto del gran numero di pazienti operati fu nel 2024 l’allora manager Giuseppe Capodieci, da poco insediato, a ordinare uno stop alle procedure di impianto e avviare anche i dovuti accertamenti sulla vicenda che hanno portato adesso a un provvedimento disciplinare e il licenziamento di un medico. Sulla questione, tra l’altro, è in corso una visita ispettiva da parte dell’Assessorato regionale alla Salute, che non ha comunque ancora depositato gli esiti della propria indagine.
Le bocche all’Asp sulla vicenda sono cucite, ma in molti si dicono pronti a giurare che la vicenda potrebbe essere oggetto di altre attenzioni.