Daniela Barcellona (Isabella)
ROSSINI L’italiana in Algeri G. Manoshvili, V. De Amicis, A. Niño, G. Baveyan, J. Lovell, D. Barcellona, M. Kiria; Coro del Teatro Ventidio Basso, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, direttore Dmitry Korchak regia Rosetta Cucchi scene Tiziano Santi costumi Claudia Pernigotti video designer Nicolás Boni luci Daniele Naldi
ROSSINI Soirées Musicales V. De Amicis, A. Niño, P. Nevi, G. Baveyan La cambiale di matrimonio P. Spagnoli, P. Leoci, J. Swanson, M. Olivieri, R. Maturana, I. Lorans; Filarmonica Gioachino Rossini, direttore Christopher Franklin regia Laurence Dale scene e costumi Gary McCann luci Ralph Kopp
ROSSINI Zelmira M. Mimica, A. Bartoli, L. Brownlee, E. Scala, M. Viotti, G. Margheri, P. Nevi, S. Zong; Coro del Teatro Ventidio Basso, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, direttore Giacomo Sagripanti regia Calixto Bieito scene Calixto Bieito e Barbora Horáková costumi Ingo Krügler luci Michael Bauer
Pesaro, Rossini Opera Festival 2025, 18-20 agosto 2025
Inutile girarci intorno: la Zelmira che coincideva con l’atteso debutto a Pesaro di Calixto Bieito, regista spesso al centro di polemiche feroci per i suoi allestimenti provocatori è stata la classica montagna che ha partorito il topolino. Interessante l’impianto scenico, posto con l’orchestra al centro in corrispondenza del campo da gioco dell’Auditorium Scavolini (un edificio in effetti nato come palazzetto dello sport) disponendo il pubblico intorno sulle gradinate (cosa che ha anche portato la capienza dell’Auditorium a 1500 posti) ma tutto è finito lì, perché la regia si è limitata a regolare entrate e uscite, con i poveri cantanti costretti a lunghe passeggiate per potersi far sentire da tutti gli spettatori. Già, perché il difetto più grave dell’impianto scenico è stato proprio quello di falsare gli equilibri sonori della partitura a seconda di dove fossero posizionati i solisti rispetto al pubblico, con il risultato che spesso il coro risultava in primo piano o che addirittura primeggiassero i pertichini rispetto alle voci principali: questo è stato l’aspetto più grave e deludente, soprattutto in un festival dalla gloriosa storia musicologica come quello pesarese, di uno spettacolo che non ha convinto praticamente nessuno, almeno stando ai commenti del pubblico durante l’intervallo dell’ultima recita. In tali condizioni è persino ridicolo poter parlare di interpretazione per quanto riguarda i solisti, costretti a un’improba e continua ginnastica, come se non bastasse la difficoltà di alcune delle parti più micidiali scritte da Rossini: la cosa fa rabbia perché, in condizioni di ascolto migliori, il cast artistico radunato per l’occasione avrebbe potuto offrire molto di più. Anastasia Bartoli (Zelmira) e Enea Scala (Antenore) non ripetono, ma non per colpa loro, l’exploit ottenuto lo scorso anno con Ermione, pur confermandosi professionisti validissimi e cantanti notevoli. Lawrence Brownlee ritorna al Rof dopo svariati anni e il suo Ilo coglie un successo personale dopo l’entrata, che scatena un’ovazione nel pubblico, ma anche lui è limitato dallo spettacolo, così come la debuttante al Rof Marina Viotti, sempre brava e affidabile, ma addirittura chiamata a bagnarsi corpo e capelli in una piscina d’acqua nel da capo della cabaletta della sua aria (si è eseguita la versione di Vienna, quindi con l’aria di Emma aggiunta). Bene, infine, Marko Mimica, al pari dei comprimari. Di Giacomo Sagripanti si dirà che ha fatto il possibile per mantenere ordine e coesione al tutto, peraltro riuscendoci egregiamente, e le medesime lodi andranno rivolte al Coro del Teatro Ventidio Basso e all’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna.
Anastasia Bartoli (Zelmira)
Meglio, almeno dal punto di vista registico, sono andate le cose per L’italiana in Algeri che, nella visione di Rosetta Cucchi, diventava una coloratissima e spregiudicata drag queen catapultata nel resort di lusso di Mustafà, con citazioni da film iconici come Priscilla, regina del deserto, Rocky Horror Picture Show e A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar. Il gioco della follia organizzata e del travestimento restava come base per una regia scoppiettante ma, per fortuna, mai ipercinetica o tarantolata. Lo spettacolo, divertente e pieno di ritmo, non solo funzionava perfettamente sul piano teatrale, ma aveva il pregio di essere modellato perfettamente sulla fisicità imponente di Daniela Barcellona, che con impagabile autoironia è risultata essere una credibilissima ‘Lady Isabella’, peraltro unendo alla disinvoltura scenica una sorprendente freschezza esecutiva: è ovvio che la voce non sia più quella del Tancredi del 1999 ma è comunque notevole la sicurezza con cui la cantante ha gestito i virtuosismi del ruolo dopo i suoi impegni verdiani: meritate le ovazioni del pubblico pesarese, che peraltro a lei è sempre rimasto molto legato. Ma non c’era solo la Barcellona a rendere interessante questo nuovo allestimento del capolavoro comico rossiniano: Giorgi Manoshvili, ad esempio, è stato un Mustafà notevolissimo per disinvoltura scenica e vocale, oltre che per l’aplomb con cui ha sciorinato le colorature di una parte solo apparentemente semplice. Bene anche Misha Kiria, Taddeo dal volume di voce notevole, ma anche un bel timbro e una discreta disinvoltura scenica. Un poco più acerbo il Lindoro di Josh Lovell, che appariva un poco intimidito dalla vicinanza con la Barcellona ma che ha superato le difficoltà della sua parte con decoro (è stata eseguita, nel secondo atto, ‘Oh come il cor di giubilo’ e non ‘Concedi amor pietoso’). Bravi, come si suol dire, gli altri. Punto debole della serata, purtroppo, la conduzione musicale un poco lenta e pesante di Dmitry Korchak, decisamente più a suo agio nelle vesti di tenore che di direttore, ma che comunque in situazioni più problematiche (la Stagione del 2020, col distanziamento causato dal Covid) aveva figurato decisamente meglio.
La cambiale di matrimonio
In fin dei conti lo spettacolo più equilibrato è risultato essere il dittico composto dalle Soirées Musicales in versione orchestrale a cura di Fabio Maestri e la prima esecuzione a Pesaro de La cambiale di matrimonio in edizione critica, dopo il debutto a Muscat di qualche anno fa. La serata ha funzionato alla perfezione sia per il rodaggio dello spettacolo con regia di Laurence Dale, sempre delizioso e divertente nel suo giocare con garbo la carta della fantasia e del surrealismo, sia per la direzione frizzante di Christopher Franklin, sia per la buona compagnia di canto, in cui hanno spiccato soprattutto Pietro Spagnoli e Mattia Olivieri, non a caso molto festeggiati dopo il loro duetto. Ma è stata brava anche Paola Leoci, una Fanny spigliata e spiritosa, con qualche fissità da correggere in alcuni acuti. Bene anche l’Edoardo di Jack Swanson così come Ramiro Maturana e Inés Lorens. Nelle Soirées Musicales (che sono molto più godibili con il pianoforte, sia detto per inciso) hanno brillato Paolo Nevi e Vittoriana De Amicis, il primo anche Eacide in Zelmira e la seconda squillante Elvira nell’Italiana, cui si sono uniti i bravi Andrea Niño e Gurgen Baveyan, anch’essi provenienti dal cast di Italiana. Alle ultime repliche caldi applausi hanno accolto gli artefici di ogni serata (alla prima Bieito era stato, prevedibilmente, contestato) e per il 2026 sono annunciati un nuovo allestimento di Le Siège de Corinthe, diretto da Carlo Rizzi e regia di Davide Livermore, nonché le riprese de L’occasione fa il ladro, regia di Jean-Pierre Ponnelle e direzione di Alessandro Bonato, e La scala di seta, regia di Damiano Michieletto e direzione di Iván López Reynoso.
Gabriele Cesaretti