di
Stefania Ulivi, inviata a Venezia

Mona Fastvold dirige Amanda Seyfried nel biopic dedicato alla leader religiosa che fondò la sua Chiesa nel XVIII secolo. «Lei come Giovanna d’Arco»

«Sono cresciuta in una famiglia laica mi sono interessata a Ann Lee perché è uno dei pochi esempi di leadership femminile in un campo dominato dagli uomini come la religione. Pensavo che meritasse qualcosa di grandioso e meraviglioso». Mona Fastvold è in concorso a Venezia 82 con The testament of Ann Lee, dedicato alla mistica che, dopo le predicazioni nella città natale, Manchester approdò nel 1776 a New York, e fondò con pochi seguaci, compreso il fratello, sulle rive dell’Hudson il movimento degli Shakers. Una setta, presto popolare tra i quaccheri, una sorta di società utopistica in cui si  pregava con canti e danze per raggiungere l’estasi, dove si predicava l’uguaglianza, ma che riconosceva in lei, autodefinitasi «sposa dell’Agnello», una guida, la Madre. La metà femminile di Dio, così come Gesù ne era stato quella maschile.  Tra i pochi precetti, l’astinenza sessuale, anche nelle coppie sposate. E il lavoro indefesso, di uomini e donne, nella produzione di oggetti e arredamenti di legno (oggi, peraltro, assai di moda). 

 «Quante storie abbiamo visto su icone maschili della stessa importanza. Non è arrivato il momento di vedere una storia su una donna come lei? Solo Giovanna d’Arco ha ricevuto l’attenzione che meritava». Un’altra collaborazione con il marito Brady Corbet (Leone d’argento 2024 per The Brutalist), insieme alla scrittura, lei alla regia. Un biopic in forma di musical molto particolare. A partire dalla scelta della protagonista, resa celebre proprio da un musical, l’Amanda Seyfried di Mamma mia!  Niente di più lontano. «L’ho scelta per la sua tenerezza e gentilezza, certo, ma anche la forza e la vena di follia», spiega la regista.



















































Per l’attrice un tour de force complesso. Sempre in scena, spesso alla prese con momenti tragici: i parti, ebbe quattro figli e nessuno sopravvisse, il sesso, brutale, con il marito maniscalco, la prigionia, le violenze delle autorità, le coreografie e gli inni degli adepti. «Non è stato facile – conferma l’attrice -. Molto intenso dal punto di vista fisico, è vero. Però mi sono affidata alla libertà concessa da Mona. E, soprattutto nei canti e nei balli, è stato terapeutico, catartico. E mi sono quasi sentita parte di quel movimento dove ognuno aveva un suo ruolo. Ann Lee è stata una donna che ha vissuto moltissime esperienze dolorose ma che è riuscita a superarle grazie a questa profonda devozione nei confronti di Dio, trovando il suo posto nel mondo».

1 settembre 2025