«La prima scintilla: il libro di lettere che Enzo Tortora ha scritto dal carcere alla compagna Francesca Scopelliti. L’ho ricevuto, mi ha colpito e le ho telefonato». Ma in quel momento, il maestro Marco Bellocchio non ha realizzato subito che uno dei più clamorosi casi di ingiustizia in Italia sarebbe diventato il suo secondo «film lungo», dopo Esterno Notte. «Perché le cose hanno bisogno del loro tempo».

E oggi è il tempo di presentare al Festival del Cinema di Venezia due dei sei episodi di Portobello, con cui il regista di Bobbio continua a riscrivere con le immagini i pezzi della nostra Storia. Ovvero, la parabola di Tortora, da icona della televisione italiana degli anni Settanta, capace di attirare oltre 28 milioni di spettatori con il suo programma che dà il titolo alla serie, al carcere per colpa delle accuse infondate di alcuni pentiti della Nuova Camorra Organizzata, tra i quali Giovanni Pandico. È una storia terribile, complessa, misteriosa, politica.

«Noi poveri intellettuali di sinistra guardavamo con distacco al successo di Enzo Tortora», continua Marco Bellocchio. «Ricordo, però, quando l’ho visto ammanettato che usciva dalla caserma il giorno del suo arresto (17 giugno 1983, ndr) e mi stupì il suo stupore. Era il conquistatore dell’audience, il quarto moschettiere della tv insieme a Mike Bongiorno, Pippo Baudo e Corrado. Aveva una popolarità inimmaginabile rispetto a oggi».

Il regista Marco Bellocchio sul set di Portobello

ANNA CAMERLINGO

«Allora io avevo 18, 19 anni, stavo dando l’esame di maturità», continua Fabrizio Gifuni, il protagonista di Portobello. «Ascoltavo il processo su Radio Radicale, prima di iscrivermi a Giurisprudenza». Romana Maggiora Vergano, che interpreta Francesca, per età anagrafica non conosceva la vicenza di Tortora. «Nel 1983 non ero nemmeno nei pensieri di mia madre. Però ho visto il dramma nei suoi occhi quando le ho detto della serie. Per prepararmi, prima di ogni cosa, ho ascoltato il podcast Indagini di Stefano Nazi mentre andavo in Sicilia con il mio compagno. Poi, ho cercato le immagini di Enzo Tortora, ho googlato il suo volto segnato nelle foto dell’arresto date in pasto all’opinione pubblica. Penso anche di aver visto qualche momento di Portobello su Techetechetè. Ho scoperto il mio personaggio attraverso le lettere, nelle quali Tortora le chiedeva di non fumare troppo, di nutrirsi dei suoi affetti, di non esagerare con gli occhiali per non abituare troppo la vista… Questa donna c’è sempre stata senza esserci, che non ha mai preteso un posto pubblico nella Storia, non si è mai avvicinata al carcere per non dare adito a scandali, visto che la relazione tra Francesca ed Enzo non era ancora nota. Sono emozionata di conoscerla stasera, sono innamorata di lei».