Un terremoto di magnitudo 6.0 ha investito domenica notte l’Afghanistan orientale, in particolare la provincia di Kunar, vicino alla città di Jalalabad, e la provincia di Nangahar. Il bilancio fornito dal ministero dell’Interno afghano è ancora provvisorio e parla di oltre 800 morti e 2.700 feriti.
Secondo quanto documentato dallo US Geological Survey, l’istituto americano che si occupa, fra le altre cose, di monitorare quanto avviene nelle profondità della Terra, il sisma si è verificato alle 23.47 della notte di domenica, ora afghana. Sempre secondo i sismologi statunitensi, si è trattato di un terremoto poco profondo, meno di 10km dalla superficie terrestre: una caratteristica, questa, che tende ad aumentare la distruttività dell’evento.
Le scosse, come mostra la mappa del sisma, sono state avvertite fino a centinaia di chilometri di distanza dall’epicentro.
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La maggior parte delle vittime, come detto, sono state registrate nella provincia di Kunar. A rendere più difficili le operazioni di soccorso concorrono il terreno ripido e le frane provocate dal sisma stesso. Come ha notato il quotidiano americano New York Times, secondo le Nazioni unite, anche prima del terremoto di domenica meno del 30% delle esigenze umanitarie dell’Afghanistan erano coperte per il 2025 e oltre la metà dei 42 milioni di abitanti avevano bisogno di aiuto.