di Alessia Calzolari
Il Maestro dei Maestri Pasticcieri, dopo aver criticato la cassata per la sua eccessiva – dal suo punto di vista – dolcezza, torna a dare il suo parere su un dolce della tradizione. C’è una città indignata, chef e pasticceri illustri compresi. Ecco la querelle
Iginio Massari, pastry chef – viene definito Maestro dei Maestri Pasticcieri – e volto televisivo, torna agli onori della cronaca: dopo un lancio in zipline per festeggiare i suoi 83 anni fanno discutere le sue affermazioni sul pampapato ferrarese.
La vicenda
«Quel dolce – il pampapato ndr – è una porcheria», avrebbe detto Massari durante il programma Sweet Home che andrà in onda su Food Network e Discovery. A riportare l’esternazione è stato Il Resto del Carlino. Ma non è tutto. Il celebre pasticciere bresciano, infatti, avrebbe continuato così sul set dello show condotto da Irene Colombo, durante una puntata girata a Vigarano (Ferrara): «È meglio che lo rivediate. Tradizione non vuole dire fare le cose vecchie. Il principio di base è la curiosità e a Ferrara, come pasticcieri, ci sono pochi curiosi». L’attacco, quindi, a quanto pare è duplice: al dolce e a chi lo prepara.
Le altre dichiarazioni
Massari, però, non boccia in toto l’arte dolciaria ferrarese: la ricciola, infatti, pare abbia conquistato il pasticcere (oltre alla salama da sugo, che però è un insaccato). A dispetto del nome, non si tratta di un pesce, ma di un piatto De.Co. (denominazione comunale) a base di pasta sfoglia a metà tra il dolce e il salato a forma di ciambella intrecciata. «La salama da sugo è una delle poche cose che ho apprezzato. Ho mangiato questa mattina una ricciola e direi che è proprio buona».
Che cos’è il Pampapato
Viene da chiedersi cosa abbia mangiato il Maestro dei Maestri. Il pampapato è un dolce tradizionale con una storia antichissima. Risale al Rinascimento ed ebbe origine nel Monastero del Corpus Domini di Ferrara, preparato dalle sapienti mani delle clarisse. La forma è quella di una papalina: il rimando è chiaro, è quello al pontefice. L’etimologia, infatti rimanda a Pan del Papa, un dolce degno di un Santo Padre. Dal 2015 è una IGP e si prepara con zucchero, farina, miele, mandorle, pinoli, canditi e spezie. La cupola viene poi coperta di cioccolato fondente.
Le risposte
Igles Corelli, ferrarese di nascita e negli anni ’80 due stelle Michelin per il suo ristorante «Il Trigabolo» di Argenta (FE), dalle pagine di Il Resto del Carlino risponde così al Maestro pasticcere: «Si tratta di un dolce della tradizione, non mi aspettavo affermazioni di questo tenore. Magari posso dire che è possibile migliorarlo. Certo, questo sì. Ma certi aggettivi, una stroncatura così non mi trovano per nulla d’accordo. Certo, tutto si può migliorare. Questo è un discorso che si può condividere. La tradizione può essere cambiata, ma è necessario capire che un prodotto non deve essere stravolto» e poi prosegue, riferendosi alla salama da sugo «E vorrei anche vedere. Per me la salama da sugo è inarrivabile, incredibile. La cucina è cultura, un’arte. Il mio slogan è “Viva Ferrara, viva Ferrara sempre”».
Chef Corelli, però, non è l’unico a intervenire sulla annosa questione. Mauro Gualandi, anche lui ex «Il Trigabolo» e miglior pasticciere salato secondo il Gambero Rosso aggiunge: «Definire con questi termini un prodotto del territorio è fuori luogo, un’invasione di campo, è eccessivo. Un prodotto può piacere, non piacere. Questo va bene, per carità. Ma descriverlo così non è corretto. Non riesco a capire. Massari dica perché, argomenti le sue affermazioni».
Matteo Musacci, ferrarese e vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercizi in un’intervista alla tv locale Telestense ribatte: «Beh intanto penso che se il maestro Iginio Massari ha voglia di darmi qualche consiglio per migliorare la nostra ricetta, che è la stessa dai tempi del mio bisnonno, ed è la ricetta di tanti nostri colleghi che lo fanno da tempo, ben venga. Parliamo però di un prodotto con una storia così lontana nel tempo che è nato nel monastero del Corpus Domini, che si è evoluto e ha raggiunto importanti traguardi anche all’Expo all’inizio del Novecento, e penso che definirlo una porcheria sia assolutamente fuori stile e anche un po’ troppo da “personaggio” rispetto al pasticciere. Si parli da colleghi, si parli della ricetta, della bontà, ma non si sfoci in quello che può essere un attacco su una cosa di cui i ferraresi, tra l’altro, vanno ghiotti, e cui peraltro i turisti vengono e chiedono anche d’estate, nonostante non si possa fare».
1 settembre 2025 ( modifica il 1 settembre 2025 | 18:48)
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