Nel mondo oltre 1 miliardo di persone ha problemi di salute mentale, soprattutto ansia e depressione, che sono i disturbi più frequenti. Il disagio mentale, inoltre, è responsabile di oltre 700 mila suicidi ogni anno. Nonostante ciò, la spesa pubblica per la salute mentale è stabile da anni e ammonta ad appena il 2% dei bilanci sanitari totali. Sono i dati che emergono da due rapporti pubblicati oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Trasformare i servizi di salute mentale è una delle sfide più urgenti per la salute pubblica“, ha affermato in una nota il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Ogni governo e ogni leader ha la responsabilità di agire con urgenza e di garantire che l’assistenza sanitaria mentale sia trattata non come un privilegio, ma come un diritto fondamentale per tutti“. I rapporti (‘World mental health today’ e ‘Mental health atlas 2024’) analizzano l’impatto delle malattie mentali e i progressi compiuti dai Paesi nell’implementazione di servizi dedicati a queste patologie.
Le donne tendono a essere più colpite (secondo le stime, soffre di disturbi mentali il 14,8% della popolazione femminile rispetto al 13% di quella maschile). I disturbi d’ansia sono i più diffusi (colpiscono il 4,4% della popolazione); segue la depressione (4%), i problemi legati a disabilità intellettuale (1,2%) l’Adhd (1,1%). Sono tuttavia forti le differenze tra fasce di età e generi: “I disturbi depressivi e d’ansia sono più comuni tra le donne rispetto agli uomini nel corso della vita, mentre gli uomini hanno molte più probabilità di avere disturbi dello sviluppo intellettivo (idiopatici), disturbi dello spettro autistico, disturbi della condotta e Adhd“, si legge nel rapporto. Enorme l’impatto dei disturbi mentali sulla qualità di vita: rappresentano la seconda causa di anni vissuti con disabilità, pari a al 17,2% del totale. Saltano però al primo posto nei giovani adulti.
Il punto della situazione sull’assistenza
Sul fronte dell’assistenza, nell’ultimo quinquennio si è assistito a un rafforzamento delle politiche per la salute mentale su scala globale, anche se gli investimenti complessivi sono rimasti stabili e restano enormi differenze territoriali: se i Paesi ad alto reddito spendono fino a 65 dollari a persona per la salute mentale, in alcuni paesi a basso reddito si arriva a spendere 0,04 dollari. In questi paesi, inoltre, si riscontra una forte carenze di operatori sanitari specializzati. Anche per questa ragione, meno del 10% delle persone con problemi di salute mentale riceve assistenza. L’accesso all’assistenza resta però carente anche nei Paesi ad alto reddito, dove poco più della metà delle persone che ne ha bisogno è in cura. Nonostante i progressi organizzativi, restano forti criticità anche nei modelli di assistenza: in molti paesi gli ospedali psichiatrici restano la principale modalità di risposta ai bisogni delle persone con disturbi mentali; quasi la metà dei ricoveri avviene contro la volontà del paziente e oltre il 20% di questi ricoveri dura più di un anno. “Investire nella salute mentale significa investire in persone, comunità ed economie, un investimento che nessun Paese può permettersi di trascurare“, ha concluso Tedros.
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