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Se c’è una qualità che Ferrari ha saputo affinare nel corso degli ultimi anni è quella di trasformare ogni barlume di speranza in un disastro annunciato. Il 2025, che doveva essere l’anno della rinascita – con l’arrivo di Lewis Hamilton, aggiornamenti promessi a ogni curva e un Leclerc rinnovato fino al 2026 – si sta rivelando uno dei capitoli più desolanti nella storia recente della Scuderia. In direzione ostinata e contraria rispetto a quello che tutte le altre scuderie hanno impostato nel corso degli ultimi anni, e dunque piloti giovani e affamati e non vecchie glorie che magari saranno utili a vendere negli autosaloni ma non portano nulla in termini di risultati e progressi in pista, la Ferrari sta addirittura arrivando al perfezionamento dei disastri: perché ogni mossa correttiva è se possibile di gran lunga peggiore di ciò che andrebbe corretto.

La presentazione di gennaio, in uno sforzo di marketing non indifferente, ci aveva ancora una volta illusi che il gap con McLaren e Red Bull poteva se non essere colmato quanto meno essere considerevolmente ridotto. E invece…

Saluti da Zandvoort

E invece da Zandvoort ci arriva una cartolina che assomiglia davvero a qualcosa di tremendamente definitivo. Il meme dei tifosi della Mercedes è spietato: Hamilton che pianta un ombrellone sulla sabbia del bordopista e al posto dell’asciugamano stende il musetto della Rossa.

Lewis Hamilton – il pilota esperto che avrebbe dovuto portare esperienza e carisma – è finito miseramente contro le barriere alla curva 3. Complice una pista bagnata e una macchina che sembra disegnare trappole più che traiettorie. Un errore che, per carità, è umano quando si guida, o meglio, si cerca di interpretare un bestione che in più di un’occasione quest’anno lo stesso Leclerc ha definito ingovernabile sul bagnato. L’immagine di Hamilton che raccoglie i cocci del musetto della SG-25, con uno sconsolato quanto comprensibile riflesso condizionato, è quanto di peggio si possa illustrare. In quella immagine c’è tutto il disastro della Ferrari. Ma anche l’assoluta incapacità di Hamilton di risollevare il destino di una macchina la cui immagine negli archivi di questa stagione è quella di un bolide spiaggiato a bordo pista.

Ma quando anche Leclerc finisce nella ghiaia dopo un contatto evitabile con Antonelli, capisci che il problema non è episodico. È sistemico. E non si può costantemente andare alla ricerca di un colpevole che non sia qualcun altro. Quando gli stessi piloti non traducono le proprie azioni in gioia di guidare un bolide ma nel terrore di fare la cosa sbagliata al momento sbaglio. Cosa che in Olanda è puntualmente accaduta.

Una macchina fragile e nervosa

Il disastro di quest’anno parte da una vettura nata male e cresciuta peggio. Secondo quanto analizzato da ingegneri ed esperti che stanno cercando di dare un’identità ancora più che una soluzione a questo sprofondo rosso, la Ferrari 2025 soffre di un problema strutturale al fondo vettura, che costringe il team a tenere un’altezza da terra maggiore rispetto ai rivali per evitare di danneggiare il plank. Questo si traduce in una perdita cronica di carico aerodinamico nelle curve veloci, dove Red Bull, McLaren e Mercedes, cronometro alla mano, fanno il vuoto.

Il paradosso? Gli aggiornamenti promessi – come la sospensione posteriore rivisitata – sono arrivati con il contagocce e sembrano spalmare il problema più che correggerlo. Fred Vasseur, team principal sempre più solo e con lo sguardo perso nel vuoto, da mesi considerato l’ennesimo capro espiatorio, si arrampica sugli specchi: “Il problema non è la macchina, è l’esecuzione del weekend”. Sembra una gigantesca supercazzola. Ma non fa ridere.

I piloti: frustrazione e sarcasmo

Leclerc, da tempo sfiduciato, ha alternato team radio impazienti a silenzi eloquenti, quelli di chi non ha più nulla da dire. Dopo il contatto con Kimi Antonelli in Olanda, Leclerc ha fatto autocritica. Ma anche ha lasciato buttato lì un messaggio eloquente… “c’è qualcosa non torna nel modo in cui prepariamo le gare”. Il suo sorriso, già raro, è ora sparito del tutto. Hamilton, da parte sua, ha ammesso candidamente che “non si diverte” e che “molte cose devono cambiare”. Prima della pausa estiva era arrivato addirittura a rimettere il suo contratto nelle mani di Vasseur: della serie “Magari il problema sono io…”. Non esattamente il tono di un sette volte campione appena arrivato in una scuderia storica per rilanciarla.

E siccome la fortuna è cieca, ma nel caso della Ferrari la sfiga ci vede perfettamente, ecco che a Montreal, persino un incontro una marmotta – simpatico animaletto che tradizionalmente di vista ne ha poca – ha contribuito a rovinargli la gara: ha colpito l’animale a inizio corsa, danneggiando il fondo e perdendo 20 punti di carico aerodinamico. Quando anche la fauna locale si mette contro di te, forse è il caso di riflettere.

Gli errori si sommano, la concorrenza ringrazia

Anche perché la Ferrari non perde solo punti. Sta perdendo in autorevolezza e credibilità: e questo per un marchio del genere è imperdonabile. Il pensiero è all’ingegnere, a quello che starà vedendo e soffrendo… “Perché non dimenticatevi che tutti vogliono una Ferrari, ma il cognome Ferrari è il mio… ”, diceva ai tecnici quando la macchina sembrava non performare all’altezza di quelle che erano le sue aspettative. Il tutto mentre McLaren piazza regolarmente entrambe le vetture sul podio, Mercedes rinasce con aggiornamenti ben mirati grazie anche all’entusiasmo incosciente di un pilotino che fa le scuole superiori, e Red Bull resta estremamente competitiva pur riducendo il budget e tentando – anche per proprio stesso interesse – di mantenere vita la competizione. Senza massacrarla come accadeva fino a tre anni fa.

Cos’è la Ferrari oggi…

Ogni weekend è un déjà-vu: prove libere disastrose, qualifiche buttate via per strategie discutibili o errori dei piloti, gare compromesse da scelte tattiche al limite dell’autolesionismo. Ma il problema più profondo è probabilmente anche di identitario. Cos’è la Ferrari oggi? Una scuderia che punta al titolo? Una squadra che dovrebbe far crescere dei giovani? Una vetrina di marketing per il brand? Nessuno sembra saperlo con chiarezza. Gli obiettivi cambiano a ogni intervista, e anche la comunicazione del team è schizofrenica: si passa dai proclami di fiducia assoluta agli ammiccamenti velati a futuri cambi di rotta.

La sensazione dominante è che si navighi a vista. E a farne le spese non sono solo i piloti, ma i tifosi. Quelli veri. Quelli che anche questa settimana prenderanno d’assalto Monza nella speranza che… “Almeno questa sia la volta buona”. Sono gli stessi che oggi si chiedono se Hamilton abbia fatto la scelta giusta, o se non fosse meglio ritirarsi da re a bordo della Mercedes.

In coda: la questione industriale

Sul fronte industriale, Ferrari spa continua a macinare utili e record di vendite. Il Cavallino rampante sulle auto di serie è in splendida forma. Ma ciò che accade in pista, da tempo, sembra quasi imbarazzare chi lavora a Maranello sulle supercar. Perché se il marchio corre, la Scuderia arranca. E l’idea che le due realtà possano convivere su binari separati sta diventando sempre più concreta. E pericolosissima: da sempre Ferrari considerava il successo delle sue auto direttamente proporzionali a quelli della Formula 1. Intanto, Red Bull si prepara già al 2026 permettendosi il lusso di valutare se Verstappen sia un lusso o una necessità, Mercedes rinnova Russell, e Ferrari resta lì, ferma, con due piloti confusi e inappagati, una macchina scostante, e una direzione tecnica che sembra più brava a difendere l’indifendibile che a progettare un futuro credibile.

E allora, mentre si avvicina Monza – che dovrebbe essere la festa – il rischio è che il Gran Premio d’Italia di quest’anno diventi un funerale sportivo. Perché la Ferrari 2025, al momento, è l’emblema perfetto dell’Italia che crede di essere grande, ma che ha dimenticato come si fa a vincere.