di
Guido Santevecchi
Il «Power of Siberia 2» dovrebbe esportare 50 miliardi di metri cubi di gas ogni anno in Cina. Dubbi sulla ripartizione dei costi
Hanno recitato le battute del copione ormai consolidato di solidarietà fraterna tra Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin, che si sono incontrati per l’ennesima volta (quasi 50 ormai) nella Grande Sala del Popolo a Pechino. «Vecchio amico», ha detto Xi; «Caro amico», ha risposto Putin ripetendo che le relazioni tra i due Paesi «sono arrivate a un livello di altezza senza precedenti». Alla discussione formale è seguito un invito per una tazza di té e una passeggiata nel parco di Zhongnanhai, la cittadella del potere comunista cinese a fianco della Città proibita. È il frutto del grande avvicinamento seguito all’aggressione scatenata dalla Russia contro l’Ucraina nel febbraio del 2022.
I due si sono consultati di nuovo oggi a Pechino subito dopo i colloqui di domenica e lunedì a Tianjin, sede del vertice internazionale Sco (Shanghai Cooperation Organization) dove hanno lanciato la loro proposta di «nuova governance globale» in opposizione agli Stati Uniti e all’Occidente. Domani, mercoledì 3 settembre, Putin sarà l’ospite di maggior spicco sulla tribuna di Piazza Tienanmen, dove Xi presiederà la Parata per gli 80 anni dalla Vittoria cinese nella guerra di liberazione dell’occupazione giapponese. «Abbiamo combattuto spalla a spalla allora e continuiamo a camminare fianco a fianco oggi», ha detto il leader russo. In realtà, durante la Seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica era impegnata nello scontro per la sopravvivenza contro la Germania nazista e dichiarò guerra al Giappone solo l’8 agosto 1945, subito dopo che gli americani avevano annientato Hiroshima con la prima bomba atomica. Ma rileggere la storia, sminuendo il ruolo degli Stati Uniti, fa parte della nuova strategia di Mosca e Pechino.
Dietro la solidarietà politica e la neutralità di facciata della Cina riguardo alla questione ucraina, ci sono grandi giochi economici. Oggi Russia e Cina hanno firmato l’accordo per la costruzione del gasdotto «Power of Siberia 2». Le trattative sono durate anni, con i cinesi che hanno preteso condizioni di assoluto favore, dalla ripartizione dei costi di costruzione al prezzo scontato del gas. Una volta completata, la struttura porterà in Cina (attraversando anche la Mongolia) 50 miliardi di metri cubi di gas russo ogni anno. La firma del memorandum di intesa è stata annunciata da Gazprom, il colosso energetico di Mosca. Secondo i russi prevede anche di incrementare l’export di gas verso la Cina lungo le due pipeline già esistenti: da 38 a 56 miliardi di metri cubi all’anno.
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Così la Russia troverà uno sbocco per circa la metà del prodotto che vendeva all’Europa prima delle sanzioni causate dall’aggressione all’Ucraina. Il gas russo oggi vale il 18% delle importazioni europee, rispetto al picco del 45% del 2021. Il flusso di petrolio è crollato dal 30% al 3% del fabbisogno europeo e la Ue conta di essere completamente indipendente dall’energia russa entro il 2027. Ecco perché la sponda cinese è essenziale per Putin.
La firma del memorandum è stata salutata con enfasi da Gazprom, ma non subito commentata da Pechino. Mancano i dettagli sui tempi di costruzione del «Power of Siberia 2» e sul prezzo del prodotto. L’annuncio russo è stato «un po’ prematuro», dice al Financial Times Victor Gao, presidente del China Energy Security Institute. «Potrebbe essere una dichiarazione di intenti più che un accordo già chiuso».
2 settembre 2025 ( modifica il 2 settembre 2025 | 14:49)
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