Esterno giorno, Rogue River, Oregon. Nel mezzo di niente, si schiude un cancello, nascosto fra le piante. È fedele al suo nome: Rogue sta per isolato, selvatico. La fortezza della solitudine dove si rifugia Superman, quando deve prendere decisioni importanti – tipo come salvare il mondo – era fra i ghiacci. Ma Kim Novak, per salvare se stessa, ha scelto invece il verde della natura: prima Big Sur, e poi l’Oregon, da quando ha voltato le spalle alle macchine da presa, ai riflettori, al glamour, ai produttori, agli agenti e ai soldi di Hollywood.

Comincia con questa immagine Kim Novak’s Vertigo, pregevole documentario di Alexandre O. Philippe che è anche uno scoop, perché la sua casa non era mai stata filmata. È piena di autoritratti, perché l’attrice rivela una vita spirituale, in cui è una pittrice di successo, scrive poesie e alleva cavalli.

Il documentario accompagna la consegna del Leone d’Oro alla carriera (alle ore 14 in Sala Grande) a una star purissima di 92 anni che Alberto Barbera, direttore della Mostra, ha definito «libera e ribelle nel cuore di un sistema che lei non ha mai smesso di criticare».

kim novak a venezia, leone d'oro alla carrierapinterestAlessandro Levati//Getty Images

Kim Novak a Venezia, Leone d’Oro alla carriera

Related Story

La celebrazione, ineccepibile, ufficializza l’upgrade di quella che era sempre stata definita “la gatta Kim” in leonessa. Finora di lei si era ricordato solo il festival di Berlino nel 1997, con l’Orso d’Oro, trasformandola in una plantigrada. Ma non è mai arrivato il premio di casa, l’Oscar. Come mai? Memoria corta, vendetta, ritorsione?

Philippe, nato in Svizzera, è un intervistatore all’europea, garbato, che apre con discrezione casse di cimeli e fotografie, e le confessa che da ragazzino vedeva i film nel salotto della sua casa di Ginevra, dove c’era una tappezzeria di damasco color cremisi. Quando fu la volta de La donna che visse due volte si rese conto che era incredibilmente simile a quella del ristorante Ernie’s, la prima scena in cui Kim Novak appare nel film, agghindata con lo scialle di satin verde e la gonna da sera nera, disegnata dall’inarrivabile Edith Head. Da allora, sono la materia (e i colori) di cui sono fatti i sogni, come diceva Shakespeare ne La tempesta.

In Italia, Kim Novak è stata ricordata da Fred Buscaglione nella canzone Il dritto di Chicago (1959): “quando a Hollywood per caso capitai, ad un pranzo con Kim non andai”, e nel film C’è Kim Novak al telefono (1993).

Related Story