Lo so che alcuni di voi considerano la mia ossessione per la carriera di Samara Weaving “insalubre”, ma primo fatevi i cazzi vostri e secondo è più forte di me, non riesco a non pensarci. A parte gli scherzi, Weaving un’attrice di talento, nel fiore degli anni, identica a Margot Robbie quindi bella da togliere il fiato e, come abbiamo imparato dall’ultima volta, anche bene imparentata (è la nipote di Hugo Weaving e suo marito è il genio che ha scritto COCAINORSO). Perché allora in nome di dio continua ad accettare ruoli che Margot Robbie avrebbe rifiutato all’inizio della propria carriera? Le cose sono due: o ha lo stesso fiuto di Robert De Niro da metà degli anni 2000 (“faccio qualsiasi cosa”) o ha un debito milionario con l’agenzia delle entrate come Nicolas Cage da metà degli anni 2000 (“faccio qualsiasi cosa”). Perché non ci credo che questo è il meglio che riesce a trovare, non è possibile. Mi rifiuto.

L’ultimo capitolo di questo perplimente universo cinematografico si intitola Eenie Meanie, è uscito direttamente su piattaforma qualche giorno fa (Hulu nella più grande democrazia al mondo, da noi su Disney+) ed è l’esordio alla regia di Shawn Simmons, sceneggiatore televisivo di molta roba che non ho visto e almeno una cosa che vorrei non avere visto: la serie prequel/spin-off di John Wick che non c’entra una mazza con John Wick, The Continental.

Dio banano che poster di merda

Leviamoci subito il dente: Eenie Meanie è una poverata, con attori molto bravi in ruoli avvilenti, una trama vista mille volte, la fotografia sbiadita e un’impostazione, non a caso, molto televisiva. Il genere di cosa così insipida che ti chiedi se qualcuno ci credeva veramente o l’hanno fatto perché avevano perso una scommessa. Il poster che vedete qui sopra non potrebbe raccontarlo meglio di così: è un film fatto al 60% di spazio vuoto.

Samara Weaving è Edie, una ragazza con un lato oscuro (lo si capisce perché ha i capelli biondi con le ciocche nere) che si sforza di rigare dritta e vivere una vita normale, ma è tormentata dai fantasmi di un passato che gesù cristo mi viene sonno solo a scriverlo. In pratica, da adolescente, Edie era Baby Driver: l’autista da rapina più incredibile, veloce, inafferrabile mai esistita — solo senza una colonna sonora della madonna e con Andy Garcia al posto di Kevin Spacey. Nonostante nel mondo criminale sia una specie di leggenda vivente, Edie vorrebbe lasciarsi alle spalle quel passato fatto di violenza ed eccessi, a maggior ragione ora che ha appena scoperto di essere incinta, ma quel coglione buono a nulla del suo ex interpretato da Karl Glusman (Dio è un proiettile, I motoguidatori) si è cacciato in un casino dal quale solo lei può tirarlo fuori con il proverbiale one last job.

“Mi stai veramente dicendo che una cosa così l’hanno già fatta?”

Chiariamo immediatamente che le similitudini con Baby Driver si fermano a: entrambi guidano le macchine nelle rapine. Il film di Wright è un musical in incognito che contemporaneamente porta avanti un discorso iniziato con The Driver di Walter Hill e continuato da Drive di NWR. Quello di Simmons è un action di serie B che non ha neanche chiaro cosa sta scopiazzando esattamente. Simmons è un regista sicuramente armato di buona volontà, ma senza una visione, idee particolarmente interessanti, né alcuna dimestichezza con il formato cinematografico, tanto che, pure con un budget superiore a quello che aveva Wright nel 2017 (stando a internet, che non mi ha mai mentito, Baby Driver è costato 34 milioni, Eenie Meanie 50), non è in grado di mettere in piedi una cosa che non sembri un episodione di una brutta serie.

Eenie Meanie è prima di tutto un caso clamorosissimo di raccontare invece di mostrare (concetto mezzo cooptato dal lessico di Boris con la formula non lo famo ma lo dimo) (ma del resto Boris stava prendendo per il culo le serie di Netflix, quindi sempre lì si torna). Ha un ritmo discreto e un montaggio furbetto ma se ci fate attenzione, se ci fate veramente attenzione, succedono due cose – una all’inizio e una alla fine – e in mezzo IL NIENTE, se non gente seduta a un tavolo che si racconta cose che non vediamo. Già il fatto che la protagonista ci venga presentata come una ex criminale è emblematico. Sulla carta niente di male: sul tema del sicario in pensione che vuole solo fare una vita tranquilla c’hanno creato un intero sottogenere, è la trama di quasi ogni action con una star che si avvicina a (o ha superato) i 50. Ma a parte il fatto che Samara Weaving di anni ne ha 32, diventa un problema quando ‘sta cosa che il passato è passato è usata come scusa per relegare l’azione alla dimensione del racconto orale, qualcosa di lontano, remoto, che quasi non ci riguarda. Anche quando c’è l’occasione di mostrare le mirabolanti imprese della giovane Edie attraverso dei flashback, per ben due volte l’azione si interrompe un attimo prima di entrare nel vivo, come per dire tanto avete capito dove va a parare, no? Non c’è mica bisogno che ve lo mostri.
Sì, stronzo, che ce n’è bisogno. È il motivo per cui siamo qui.

Il motivo per cui siamo qui

Morale della storia, ci sono due scene niente male in cui il film fa effettivamente quello che promette, cioè farci vedere Samara Weaving che è un diavolo al volante. Il prezzo da pagare è qualcosa come altre quaranta di personaggi seduti a un tavolo che si scambiano informazioni funzionali alla trama che un regista vero avrebbe, tipo, boh, fatto succedere, credo.

Gente seduta a un tavolo che parla

Gente seduta a un tavolo che parla

Gente seduta a un tavolo che parla ma in una stanza piena di donne nude, che ridere!

Gente seduta a un tavolo che parla

Poi dici che facciamo sempre le stesse cose, guarda qua: questa volta ci siamo seduti a parlare, ma al mare!

Gran finale con gente seduta a un tavolino che parla

Io lo capisco che girare scene di macchine che si ribaltano non è semplicissimo, ammiro un autore che è in grado di fare di necessità virtù e posso pure immaginare una ingenua, manipolabile Samara Weaving che si lascia convincere che è persino meglio così, perché in questo modo può dimostrare di essere un’attrice poliedrica in grado anche di infilare ruoli drammatici dove meno te li aspetti. Ma o hai un senso delle priorità davvero singolare o sei semplicemente in cattiva fede se pensi che una persona preferisca vedere Andy Garcia e Steve Zahn che parlano dei loro sentimenti, piuttosto che Samara Weaving tutta imbrattata di sangue che sfida la fisica a bordo di una vroom vroom.

Vroooooooom

Oppure: vuoi fare un film su una ragazza dal passato turbolento che deve ricucire i rapporti con gli uomini della sua vita? Prego, fai pure, ma non riempirmelo di gangster pasticcioni alla Guy Ritchie e piani rocamboleschi per svaligiare i casinò – perché, strano a dirsi, queste due cose non convivono molto bene.
È una questione di tono di voce. Se fai una tamarrata come Fast & Furious io accetto qualsiasi cosa fintanto che nessuno si prende troppo sul serio. Se fai un thriller dritto come Drive io tutto mi aspetto tranne che di punto in bianco Ryan Gosling si metta a fare battute. Trova il tuo tono e resta coerente a quello, dopodiché puoi spaziare dalla commedia all’horror al musical senza problemi, come insegna Edgar Wright. Nel mondo di Eenie Meanie invece un attimo prima sei circondato da criminali da strapazzo che battibeccano, si sparano nei piedi o sono talmente fatti da non accorgersi di stare prendendo fuoco, e un attimo dopo c’è una figlia che chiede in lacrime al padre tossicodipendente perché l’ha abbandonata.

Gente seduta in macchina che parla

Samara ce la mette tutta, dice che ha pure imparato a guidare apposta per questo film, ma è tutto così piatto, pigro, già visto — in questo caso, già detto. Il personaggio di Edie è scritto con la goffaggine di chi sa tre cose sulle donne e per non sbagliare ce le mette tutte e tre, e l’idea che a mettere in moto l’intera faccenda sia la scoperta di aspettare un bambino è superata in sessismo solo dalla rivelazione che il vero diavolo dietro il volante non è Edie, ma il suo ex, John (mamma mia pure i nomi li hanno presi al discount)!
John, la cui caratterizzazione è “essere Jesse di Breaking Bad”, ma senza la scrittura raffinata di Breaking Bad e le decine di episodi che ne svelano le complessità e ce lo fanno amare – per cui è semplicemente un coglione drogato convinto di essere un gangster.
John, la cui abilità come guidatore rimane comunque irrilevante ai fini della trama, quindi non riesco a immaginare un solo motivo per questo “twist” se non che qualcuno si è preso male al pensiero che una donna potesse essere troppo brava a fare qualcosa e allora si è affrettato a fare aggiungere una riga di dialogo in cui Edie dice (ovviamente lo dice, eh, non è che lo vediamo o qualcosa del genere!) “sì sì io sono brava, ma guardate che lui è pure più bravo di me”.
Povera Samara, neanche quando è la protagonista riesce a essere la numero uno.

Un saluto al patriarcato, che comunque è un amico e so che ci legge

Streaming-quote:

“Oppure, volendo, potremmo rivederci Baby Driver”
Quantum Tarantino, i400calci.com

>> IMDb | Trailer

Dove guardare Eenie Meanie