«Emilio Fede stava alla scala nove, quinto piano. Io alla Scala dieci, piano terra. Poi, io mi sono spostato in un’altra scala al quinto piano, ma siamo sempre stati vicini di casa a partire dagli anni ‘90»: Guido Bagatta, voce del basket e di Radio Deejay, ha conosciuto l’uomo prima che il direttore. E, racconta, ha rischiato di ospitarlo in casa, quando Fede stava per essere sfrattato.
Primo incontro?
«Fede arrivò a Milano 2 nel 1992, in quel periodo era la superstar del Tg4, era stato il primo a dare la notizia della Guerra del Golfo. Io avevo trent’anni, lo vedevo uscire e tornare tutti i giorni perché passava davanti alla mia finestra, ci siamo incontrati mille volte. Mi magnificò subito le lodi di questo posto. Era un discepolo di Milano 2».
Che cosa gli piaceva?
«Il silenzio dei giardini. Aprire finestra e vedere gli alberi, i giardini, i fiori. Questo è un posto creato per le famiglie, non ci sono attraversamenti pedonali, ma solo ponticelli, i bambini possono andare in giro da soli. Il suo orgoglio era il suo terrazzo pieno di piante che gli aveva regalato Silvio Berlusconi. La mattina, prendeva il caffè lì controllando le fioriture. Quando è stato ai domiciliari per il caso Ruby, scendeva a volte a fare una passeggiata in giardino. Glielo lasciavano fare, credo».
Chi c’era nel presepe domestico di Fede?
«I due portinai sardi, Milly e Antonello, erano di famiglia, lo avevano praticamente adottato. Loro sono anche per me due persone meravigliose, ancora giovani sempre sorridenti e disponibili. Antonello andava a casa sua, gli metteva a posto le cose, gli faceva i lavoretti. Col permesso della figlia, andava poi a trovarlo nella Rsa di Segrate dove è stato nell’ultimo anno e mezzo».
Gli anni lontani dal Tg e dal potere come sono stati?
«Nel 2012, quando lo hanno allontanato da Mediaset, era entrato in crisi. Quando gli hanno tolto la scorta da direttore ci era rimasto malissimo, gli avevano tolto prima l’autista, poi la scorta, di colpo, era come se per il mondo non contasse più niente. Si è spento un po’ tutto. Non ha mai detto “mi hanno abbandonato”, ma si capiva che il crepuscolo non gli faceva piacere. Lo incontravo con la mia fidanzata di allora e il mio bassotto, di cui era appassionato perché gli faceva sempre le feste. Fede ci diceva: che bella fotografia che siete. Un giorno, gli ho detto: direttore, se vuole, venga a pranzo a cena da noi. Un giorno, lo incrocio e mi dice: mi hanno detto che devo lasciare questa casa. Era il 2016, credo il suo appartamento fosse in usufrutto o qualcosa del genere da Fininvest o da Berlusconi e lui ormai non lavorava più in azienda da quattro anni. Gli dissi: se non sa dove andare, può stare da me, ho una stanza per gli ospiti. Lui: non me lo dire due volte, guarda che vengo. Dopodiché, sparisce e non lo vedo per un po’».
Quindi?
«Deve sapere che il mio suocero dell’epoca si chiamava Emilio come lui. Un sabato mattina, suona il citofono. Sento dire: sono Emilio. E io: sei venuto da Venezia senza avvisare? E da giù, sento rispondere: quale Venezia… Sono Emilio Fede! E mi chiede se può salire un attimo. Sale e mi chiede se è ancora valido l’invito».
Quello per il pranzo o per l’ospitalità?
«All’inizio, mi disse del pranzo. Gli spiego che so fare al massimo due uova. E lui: no, oggi facciamo la pasta alla norma. Io non sapevo che fosse. Mi fa la lista della spesa e mi manda a comprare melanzane, pasta, pomodoro. Ho cucinato ‘sta roba seguendo le sue istruzioni, tipo cuoco di Ratatouille come nel film. Finito di mangiare, dico: io vado, ho il basket, ma se vuole, si può fermare. E lui: “No, non, vado a casa, ma ti richiamo. Se la situazione peggiora, torno. Mi fai vedere dove starei?”».
Nel senso che voleva essere ospitato?
«Esatto. Mi racconta che rischiava di essere sfrattato nel giro di 48 ore. Però, non l’hanno cacciato e non è mai venuto. Però la stanza gli era piaciuta, disse che aveva una bella vista. Un giorno, mi ha fermato sotto casa per chiedermi la differenza fra Instagram, Twitter, Facebook. Mi fa: sai, sono andato via dalla redazione che non c’era sta roba, voglio far bella figura coi nipoti, voglio far vedere a mia moglie che sono aggiornato. Finché è stato qui, l’ho visto sempre lucido e attivo».
Di Berlusconi le ha mai parlato?
«Tanto. Lo definiva “il mio secondo amore”. Il primo era la moglie Diana. Diceva: per Berlusconi, darei la vita come un soldato per un generale. Sembrava proprio sincero, non lo diceva per dire. Era tenerissimo. Il mio ricordo di Fede è molto lontano dalla figura di potere e un po’ caricaturale che è passata nell’immaginario collettivo: era orgoglioso della sua carriera, amava ricordare quella prima diretta della tragedia di Vermicino e la cronaca della Guerra del Golfo, che cambiò i Tg rendendo protagonista la diretta. Io ho visto un uomo estremamente fiero di se stesso, però deluso di come stava finendo».



















































3 settembre 2025 ( modifica il 3 settembre 2025 | 11:14)