di
Mattia Aimola

Dal laboratorio al camice bianco: la storia dell’odontotecnico e dell’ingegnere che vogliono diventare dottori. Con l’abolizione del test d’ingresso, anche chi ha smesso di studiare da anni può provare a cambiare vita. La ministra Bernini: «Queste storie dimostrano che abolire i test è la strada giusta»

«Sono 17 anni che mi porto dietro il rammarico di aver abbandonato gli studi e oggi ho scelto di riprovarci». Andrea Colmet, 37 anni, fa l’odontotecnico da tempo: crea protesi dentarie, ma ora sogna di passare dall’altra parte e indossare il camice bianco. È tra i 293 iscritti a Odontoiatria. «Ci avevo già tentato – ricorda – ma il test a numero chiuso rendeva tutto complicato, una volta tra le domande di cultura generale mi ero ritrovato un quesito sui dipinti di Leonardo». Anche con il nuovo percorso, però, qualche criticità resta: «Fisica e matematica avanzata per il mio mestiere non servono a niente, quindi ci sarà da studiare tanto. Biologia invece la gestisco bene, vado tranquillo».

Andrea non nasconde le difficoltà legate all’età. «Stamattina ero uno dei più grandicelli in aula, i miei colleghi sono giovani e freschi di diploma. Io invece non studio da anni». Organizzarsi per chi ha già un lavoro è impegnativo: «Sono un autonomo, quindi mi gestisco da solo. Dedico qui del tempo che poi dovrò recuperare in orari diversi, alla sera credo».



















































Accanto a lui c’è Mario Sole, 53 anni, che oggi non lavora e ha scelto Medicina come seconda laurea. «Ho sognato fin da piccolo – racconta – di fare il medico. Poi, quando era il momento di scegliere la facoltà, ho fatto ingegneria al Politecnico. Un domani vorrei lavorare nella ricerca medica, anche se non ho ancora deciso in quale ambito». Per entrambi, la scelta è un salto nel vuoto ma anche un’occasione di riscatto personale. «Con l’abolizione del test – conclude Andrea – questa era una possibilità che non potevo sprecare». 

Il tweet della ministra

«Il semestre aperto è una riforma di giustizia ed equità». La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, rivendica l’abolizione del test di ingresso a Medicina e per farlo cita l’esperienza di due studenti torinesi: Andrea e Mario, due uomini con il sogno di laurearsi e diventare dottori, seppur con un’età non proprio da universitari. La loro storia è stata raccontata su Corriere Torino, non si tratta infatti di due alunni come gli altri: Andrea Colmet ha 37 anni, fa l’odontotecnico e spera di passare dall’altro lato della scrivania e indossare il camice bianco. È uno dei 293 iscritti ad Odontoiatria. Mario Sole, invece, è un ingegnere di 53 anni disoccupato che sogna una seconda laurea e un lavoro nella ricerca medica.
Tra i 3 mila che ci stanno provando a Unito, quindi, non ci sono solo i neodiplomati alla prima esperienza: accanto a loro c’è anche chi un lavoro lo ha già, ma con il semestre filtro prova a dare una svolta alla propria vita. Tantissimi che, senza il test e con una preparazione ancora tutta da verificare, quest’anno hanno deciso di tentare. Nel giro di pochi mesi dovranno affrontare tre esami (chimica e biochimica, fisica e biologia) cercando di ottenere un punteggio che li posizioni in alto nella graduatoria del gennaio 2026. La sfida è ardua per tutti: a Torino, su oltre 3 mila iscritti, i posti disponibili sono appena 707.

Lunedì, in tutta Italia, sono stati circa 54 mila gli aspiranti medici che sono entrati in aula per la prima volta: niente crocette ma subito lezioni e spiegazioni dei professori.
«Un percorso nuovo – spiega la ministra Bernini – che segna un cambio radicale rispetto al passato: non più selezione sulla base di un test, ma formazione dentro l’Università. Perché l’Università che immaginiamo e costruiamo ogni giorno non esclude ma riconosce il valore di ciascuno, coltiva il talento, premia il merito. Leggendo le storie di Mario e Andrea – che lavorano ma hanno deciso di inseguire il loro sogno e iscriversi a Medicina e Odontoiatria, finalmente liberi dal peso di uno sbarramento ingiusto come il test – sento ancora più forte che abbiamo intrapreso la strada giusta. Significa spalancare le porte a chi crede nello studio e nel futuro. È l’Università che cambia: più giusta e capace di dare opportunità a tutti».


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2 settembre 2025 ( modifica il 3 settembre 2025 | 11:49)