Cristina Cavalieri (Imagoeconomica)

In seguito alla puntura, Cristina ha iniziato a soffrire di tiroidite, neuropatia, pericardite. Tuttavia, non ha avuto indennizzi e i suoi sintomi sono ignorati: l’effetto di aver sempre negato l’esistenza di reazioni avverse.Da quel 27 febbraio del 2021, quando le somministrarono la prima dose di vaccino Astrazeneca, la vita di Cristina Cavalieri, 49 anni, è stata costellata di patologie, di ricoveri, di continue sofferenze. Originaria di Comacchio, nel Ferrarese, psicologa del lavoro a Milano, la signora è una delle tante, troppe vittime degli eventi avversi del vaccino Astrazeneca (e di tutti quelli autorizzati in via emergenziale per il Covid), che rimangono ignorati. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, aveva promesso più di un anno fa di istituire una commissione tecnica per la raccolta, la gestione e lo studio delle reazioni avverse, però il progetto rimane sepolto nel suo ufficio di Lungotevere Ripa sotto pratiche più urgenti, come lo scudo penale o l’azzeramento del Nitag, il comitato sui vaccini. Eppure la psicologa avrebbe una ragione in più per essere seguita con la dovuta attenzione: la dose che le iniettarono faceva parte di quel lotto ABV2856 di Astrazeneca, che il 10 marzo l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) poi vietò di utilizzare in Italia in quanto erano stati segnalati eventi avversi gravi, tra i quali la morte per arresto cardiaco di un militare in Sicilia. Cristina Cavalieri non era contraria al vaccino. «Aspettavo con trepidazione quel momento, riuscii a entrare in lista solo il 27 febbraio del 2021 e quel giorno ero proprio felice», raccontò la dottoressa alla Verità nel marzo del 2022. Avrebbero dovuto iniettarle Pfizer, ma il medico le disse che la somministrazione sarebbe stata di Astrazeneca in quanto «raccomandato per la sua fascia di età». Erano i mesi del vergognoso balletto di pareri discordanti. Con la circolare del 22 febbraio 2021, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza aveva disposto che l’utilizzo di Vaxzevria, il vaccino della società anglosvedese, rimaneva «preferenzialmente per la popolazione tra i 18 e 55 anni e senza patologie gravi». Poi ad aprile ne raccomandò «un suo uso preferenziale nelle persone di età superiore ai 60 anni», per vietarlo infine a giugno agli under 60. Nel frattempo, la diciottenne Camilla Canepa era morta per una trombosi venosa post vaccino in un Open day Astrazeneca e la psicologa Cavalieri aveva iniziato il suo calvario. Perdeva capelli, ciocche intere, si ritrovava senza sensibilità in mani e piedi, la neuropatia periferica la costringeva a letto per lunghi periodi. «Appena cominciavo a soffrire meno, un nuovo male si affacciava», racconta la psicologa. Nel 2023 deve combattere nove mesi contro una tiroidite subacuta; quest’anno ha subito due ricoveri, uno per pancreatite acuta, l’altro per pielonefrite con successivo inserimento di uno stent ureterale nel tentativo di risolvere il sopraggiunto problema ostruttivo delle vie urinarie. «Forse tutto questo non ha a che fare con il vaccino, ma nel 2024 il cardiologo che mi aveva diagnosticato una pericardite fino a quel momento ignorata, è stato molto chiaro: il mio sistema immunologico è andato in tilt, periodicamente si presenta un evento grave e devo arrangiarmi». Il dottor Fabrizio Salvucci (che tanto ha segnalato il problema di reazioni post vaccino anche nella trasmissione Fuori dal coro di Mario Giordano su Rete4), spiega a Cristina che quell’unica dose di Astrazeneca le ha provocato una sindrome da attivazione mastocitaria, una condizione immunologica in cui i mastociti rilasciano in modo inappropriato ed eccessivo mediatori chimici, causando una serie di sintomi gravi e ricorrenti. È come se un nemico fosse entrato dentro di lei, sempre pronto a risvegliarsi provocando danni nuovi. Nel frattempo «su Astrazeneca è calato un silenzio totale», osserva sconcertata. «Ho cercato di spiegare alla Commissione medico ospedaliera del dipartimento militare di medicina legale di Milano, che ha esaminato la mia richiesta di indennizzo, come sia importante fare ricerca, studiare quello che accade a persone che prima erano sane e ora stanno mesi senza poter lavorare. Non ero mai stata in ospedale, stavo benissimo e dopo Astrazeneca sono l’ombra di me stessa, come è possibile? Invece mi hanno deriso, dicendo di questo passo anche essere investiti da un’auto diventerà colpa del vaccino. Una situazione umiliante», racconta la dottoressa. La sua domanda viene respinta, nemmeno avrebbe diritto a un ristoro malgrado i più di 10.000 euro spesi in quasi cinque anni di visite, controlli, ricerche di nuovi consulti mentre non poteva lavorare con evidenti problematiche economiche. «Hanno definito “gossip” la relazione del mio medico legale nonché consulente tecnico; sostengono che “non è stato possibile riscontrare all’interno dei periodici rapporti di farmacovigilanza dell’Aifa alcuna correlazione causale e/o concausale con l’infermità denunciata». Già, il famoso algoritmo dell’Oms e che anche l’Aifa adotta, in base al quale il nesso causale con le inoculazioni diventa quasi impossibile in presenza di eventi patologici nuovi e inaspettati provocati da vaccini genici. A questa grave ingiustizia quando intende mettere fine il ministro Schillaci? Quando saranno predisposti centri, nei quali team di specialisti sappiano seguire, indagare, curare i sintomi post vaccino Covid come accade, ad esempio, in Germania negli ospedali universitari di Giessen e Marburgo?Intanto Cristina e altre migliaia di persone conducono in Italia una battaglia solitaria, di cui non conoscono l’esito ma che viene sempre schernita da immarcescibili virostar.

(Totaleu)

Lo ha dichiarato l’europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un’intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.