Otto Regioni e Province autonome peggiorano, tredici migliorano nell’adempimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) tra il 2022 e il 2023, secondo l’analisi realizzata dalla Fondazione Gimbe sui dati diffusi dal ministero della Salute il mese scorso.
I Lea costituiscono la base per mantenere l’omogeneità delle cure del Servizio sanitario nazionale (Ssn) su tutto il territorio, cioè indicano le prestazioni che devono essere garantite ovunque, dopo che la gestione della sanità è diventata materia concorrente tra Stato e Regioni con la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001. Ogni anno, quindi, vengono resi noti gli indicatori sulle prestazioni monitorate dal ministero della Salute, che si trasformano facilmente in “classifiche” sulle Regioni e Province autonome più capaci di garantire il rispetto dei Lea ai propri cittadini.
Dopo la pubblicazione dei Lea definitivi relativi al 2023 da parte del ministero (un’anticipazione era stata presentata a fine febbraio), l’analisi di Fondazione Gimbe certifica che «il divario Nord-Sud – commenta il presidente Nino Cartabellotta – rimane molto netto: su 13 Regioni “promosse” solo tre appartengono al Mezzogiorno. La Puglia ha registrato punteggi simili a quelli di alcune Regioni del Nord, mentre Campania e Sardegna si collocano poco al di sopra della sufficienza».
Il monitoraggio dei Lea (effettuato da una squadra di referenti istituzionali delle Regioni e del mondo universitario e della ricerca) consiste nella verifica di 88 indicatori divisi in tre macroaree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera. Tra questi indicatori, 24 sono considerati capaci di cogliere sinteticamente l’erogazione dei Lea e sono denominati Core.
Per essere considerate adempienti, le Regioni devono superare 60 punti su 100 in ciascuna delle tre macroaree. Le 13 Regioni che nel 2023 hanno ottenuto il punteggio soglia in ogni area sono: Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto. Rispetto al 2022, segnala la Fondazione Gimbe, «Campania e Sardegna salgono tra le Regioni adempienti, mentre Basilicata e Liguria retrocedono a inadempienti per il mancato raggiungimento della soglia minima in un’area».
Sommando i punteggi delle tre aree, Fondazione Gimbe segnala che la “classifica” delle Regioni maggiormente capaci di corrispondere alle necessità di salute dei cittadini vede in testa Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Provincia di Trento, Piemonte; in coda Basilicata, Abruzzo, Calabria, Sicilia, Valle d’Aosta.
Significativo però il fatto che, nel confronto tra 2022 e 2023 del punteggio complessivo raggiunto sommando le tre aree, se otto Regioni perdono terreno (Abruzzo, Provincia di Bolzano, Emilia-Romagna, Ligura, Lazio, Sicilia, Lombardia, Basilicata), altre tredici invece guadagnano: Puglia, Marche, Veneto, Piemonte, Umbria, Provincia di Trento, Toscana, Campania, Valle d’Aosta, Molise, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna (di 26 punti) e Calabria (di 41 punti).
«La riduzione delle performance anche in Regioni storicamente solide – commenta Cartabellotta – dimostra che la tenuta del Ssn non è più garantita nemmeno nei territori con maggiore disponibilità di risorse o reputazione sanitaria». In conclusione, la Fondazione Gimbe «chiede un ampliamento del numero di indicatori e una rotazione periodica di quelli utilizzati nella “pagella” ministeriale. E invoca una radicale revisione di Piani di rientro e commissariamenti» che si sono mostrati poco efficaci per ridurre le disuguaglianze di salute tra territori.