Torna alle origini, Antonio Petrucci, con il suo nuovo saggio “La pelle del serpente. Ricerche sulla mafia (1860-2006)” (I Buoni Cugini Editori 2025, 150 pagine, 15 euro), all’amata e martoriata città di Palermo, dove ha preso i natali e dove è già stato in visita letteraria con altre recenti opere di narrativa là ambientate, come – per il medesimo editore – “L’estate dei microbi”, pubblicato nel 2021 insieme alla sorella Giulia, o “La notte dei pesci volanti” del 2023.
La mafia e le sue mutazioni
Questa volta la fantasia trova poco spazio fra le pagine, perché l’argomento – la mafia e le sue mutazioni – non lascia margini ai voli dello scrittore, ma cede il posto al rigore del cronista, che ha seguito come documento sorgivo il “Testo integrale della relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della Mafia” e decine di altre pubblicazioni riportate nella bibliografia essenziale.
Collaboratore de La Libertà e di Reggio Storia, autore di due libri sull’Istituto magistrale “Matilde di Canossa” e del romanzo “Lottando con l’Angelo”, ispirato alla vita di Dostoevskij, Antonio Petrucci ci consegna una visione d’insieme del fenomeno mafioso compilata con taglio giornalistico e con l’agilità di una conversazione in casa fra amici.
Il filosofo scrittore mette fin da subito in chiaro la serietà dell’operazione; basta leggere la citazione iniziale “Il sangue grida. La pioggia non cancella il sangue sulle strade di Palermo” (Anonimo) e la dedica del libro: “Per non dimenticarli”.
Antonio Petrucci (foto Codazzi)La mafia come un serpente
Sono undici capitoli raggruppati – dopo una prefazione e un’introduzione – in tre parti (La vecchia mafia; Le nuove mafie; Gli anni terribili) e seguiti da un’appendice fotografica con i ritratti di otto donne vittime di mafia.
Nel compendio storico curato da Petrucci incontriamo i “boss” ma anche, in numero molto alto, gli eroi che hanno combattuto la battaglia per la legalità e la giustizia, fermando il cronometro alle stragi del 1992 (Capaci, 23 maggio, e via D’Amelio, 19 luglio) e all’assassinio di don Pino Puglisi al Brancaccio (15 settembre 1993).
Il tema conduttore del saggio, peraltro esplicitato dal titolo, è la trasformazione della mafia da rurale a imprenditoriale, poi gangsteristica e infine terroristica: l’organizzazione malavitosa, piuttosto che alla fatidica piovra a cui ci ha abituato l’omonima serie televisiva, secondo Petrucci somiglia a un serpente, capace di cambiare pelle conservando tutto il proprio veleno mortale.
Vecchia e nuova mafia
Anche la distinzione tra “vecchia” e “nuova” mafia, adottata da molti studiosi per motivare l’incremento della violenza e il rigetto di valori antichi, sarebbe uno schema ormai superato: meglio parlare di ondate mafiose.
Ondate che, sprigionatesi dalla Sicilia, hanno investito tutto il Paese e si sono propagate nel resto del mondo.
La cultura del diritto
Preme all’autore, per lungo tempo insegnante, che si lavori per una cultura del diritto, che proprio nella scuola trova il punto di forza dell’azione preventiva, a partire dalla testimonianza dei giudici palermitani Falcone e Borsellino e di tanti altri modelli antitetici alla figura del sedicente uomo d’onore mafioso offerti alla cittadinanza, a caro prezzo, da carabinieri, poliziotti, politici, magistrati, giornalisti, esercenti.
Antonio Petrucci presenterà “La pelle del serpente” mercoledì 10 settembre alle ore 18 alla Biblioteca Rosta Nuova, in via Wybicki 27 a Reggio Emilia, quando sarà l’attrice e regista Antonietta Centoducati a leggere alcuni passi del libro; è richiesta la prenotazione scrivendo all’indirizzo e-mail rosta@comune.re.it o telefonando al numero 0522.585636.