Il capitolo “lavoro” della prossima Manovra potrebbe riservare diverse sorprese interessanti. Questo se si prendono per vero le parole della premier Giorgia Meloni, che al Meeting di Rimini ha posto particolare accento proprio sul ceto medio e la necessità di sostenere i salari. Certo, il cantiere si è appena aperto e molto è ancora da decidere e dipenderà da costi e coperture di ogni singola proposta.

A fare muro potrebbe esserci proprio il ministro Giorgetti, sempre molto prudente. Si parla intanto di taglio dell’Irpef, un importante rafforzamento del welfare e varie detassazioni tra lavoratori pubblici e privati.

Il taglio dell’Irpef

La Manovra 2026 in preparazione porta con sé la proposta di un nuovo taglio dell’Irpef. L’idea è quella di ridurre di due punti l’aliquota del secondo scaglione (33%) e allargare la fascia di applicazioni freno a 60.000 euro di reddito lordo.

Meloni ha ribadito che il momento è ormai arrivato e se il provvedimento passerà, dal 2026 le aliquote Irpef saranno strutturate in:

  • 23% fino a 28.000 euro di reddito lordo;
  • 33% dai 28 ai 60.000 euro di reddito lordo;
  • 43% oltre i 60.000 euro di reddito lordo.

Si tratta esattamente della fascia media e il sostegno a questa serve per non farla scivolare verso il basso. La riforma non comporterà cifre rivoluzionarie, ma è un beneficio per molti. Non è però senza costi e bisognerà capire dove trovare le risorse.

Un nuovo welfare

Si pensa anche a il rafforzamento del welfare. Secondo Paola Mancini, senatrice di fratelli d’Italia e componente della Commissione lavoro di palazzo Madama, il secondo pilastro è ancora poco conosciuto soprattutto dai giovani. Servirà quindi, prosegue, incrementare i salari con una maggiore convenzione fiscale. Da qui l’idea di innalzare il tetto della deducibilità dei versamenti alla previdenza complementare e di detassare gli aumenti contrattuali.

Per Mancini infatti sarebbe fondamentale proseguire sulla strada della detassazione dei premi di produttività. “Sono favorevole poi alla detassazione degli aumenti contrattuali, e a una tassazione agevolata del lavoro straordinario e festivo. Bisogna intervenire anche sui buoni pasto e sull’indennità di trasferta perché entrambi vanno rafforzati”, ha proseguito l’esperta.

I rinnovi contrattuali

Sul tema del rinnovo contrattuale spinge il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon. Il cCrroccio infatti propone che al momento della scadenza del contratto collettivo nazionale del lavoro, l’aumento debba scattare a prescindere dei tempi dell’effettivo rinnovo. A decidere l’incremento dovrà essere però la contrattazione.

Si tratta di un tema sempre caldo: secondo l’Istat, a fine giugno i contratti in attesa di rinnovo sono 31 e coinvolgono 5,7 milioni di dipendenti. I maggiori ritardi sono nel settore terziario e nella pubblica amministrazione. Indietro soprattutto Istruzione ed enti locali, anche se uno spiraglio sembra essersi aperto dopo che la Uil si è distaccata dalla Cgil e ha firmato il rinnovo per i dirigenti statali.

Nel pubblico si punta al rinnovo ordinario, sfruttando il fatto che per una volta gli stanziamenti sono già completi per le prossime due tornate. Alla Manovra invece, come racconta il sottosegretario, si guarda per le richieste “storiche”. Così si punta alle detassazioni dei premi di produttività e all’esclusione delle risorse del welfare aziendale dal tetto di spesa per i salari accessori.