“A che serve, se sono già il più forte?”

«Dato che Sombor è piccola, per strada trovi chiunque” spiega Isidor. “Una volta incontrai Nikola con i genitori e gli chiesi come mai non venisse ad allenarsi. Mi rispose: “A che serve, se sono già il più forte?”.»

C’è modo e modo di scrivere una biografia sportiva, soprattutto se sei così privilegiato da avere avuto accesso diretto all’atleta protagonista prima della sua esplosione: puoi sfruttare l’occasione in infiniti modi generando un libro da culto istantaneo ripieno come un tacchino di aneddoti originali, oppure puoi limitarti al compitino raccogliendo le semplici dichiarazioni di chi ti circonda e chiudere il fragile cerchio con una tua opinione personale (ogni riferimento alla recente biografia di un altro fenomeno balcanico non è del tutto casuale).

Mike Singer, celebrato giornalista del “Denver Post” e ancora prima di “Usa Today”, per l’esplosiva biografia dell’asso Nba dei Denver Nuggets Nikola Jokic ha scelto la prima strada, la più dura, la più gratificante: “Why So Serious?”, il titolo dell’opera tradotta meravigliosamente per il mercato italiano da Rizzoli e Silvio Bernardi, è una di quelle rare biografie sportive da tenerti incollato dalla prima all’ultima pagina nonostante il finale del thriller sia ben noto a tutti.

Non si contano i viaggi in Serbia a Sombor – paese natìo di Jokic, nella Vojvodina – e a Belgrado, o le notti in bianco passate sulle splav danzanti sul Danubio pur di non perdersi l’ennesima storiella dei fratelli Jokic e del loro “entourage” davanti a fiumi di rakija, per non parlare delle centinaia di ore registrate in conversazione con chiunque abbia anche solo sfiorato uno degli atleti più interessanti e anti-sistema che l’élite sportiva mondiale abbia avuto nella sua storia recente.

Il risultato, per qualsiasi appassionato di storie sportive, è memorabile: l’incrocio della cultura balcanica, nel suo precario equilibrio tra severa pedagogia prussiana e istinti alcolici, e il carattere incredibilmente sfaccettato di un Nikola Jokic alle origini grasso e più interessato ai maneggi che al basket, dà vita a un ritratto tanto esilarante quanto appassionante di uno dei viaggi più improbabili di sempre verso il dominio del mondo cestistico.

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Srdjan Stevanovic//Getty Images

Nikola Jokic, da giovane serbo svogliato e sovrappeso a campione Nba

Se vuole continuare con i cavalli, deve tornare in palestra

«Come racconta il figlio Nemanja, “Brana andò da mio papà e gli disse: “Dai, mi serve il tuo aiuto per farlo riprendere a giocare. Dobbiamo renderlo un ultimatum: se vuole continuare con i cavalli, deve tornare in palestra”.»

Con un faldone enorme di aneddoti, episodi e momenti vissuti in prima persona come la bolla di Orlando a disposizione, la seconda sfida autoriale diventava quella di creare una storia fluida, capace di amalgamare armoniosamente fatti e interviste con una narrazione avvincente della vita di Nikola dentro e fuori dal campo. Forse l’impresa più difficile e gestita in modo tanto inedito quanto impeccabile: tanti micro-capitoli dedicati a tutte le persone incontrate da Jokic lungo il suo percorso, dando dignità e spazio a chiunque avesse avuto un impatto sul futuro del serbo.

Ecco quindi che al giovane international scout dei Nuggets Rafal Juc, osservatore della franchigia per l’area balcanica, venivano riservate otto pagine inaspettate e affascinanti, scoprendo non solo le primissime impressioni degli addetti ai lavori Nba su quell’ingombrante oggetto misterioso che caracollava in mezzo ai campi delle leghe serbe dominando senza troppa convinzione, ma anche gli inizi della carriera di un ragazzo polacco diventato uno dei più apprezzati scout di Denver dell’ultimo decennio.

«“Se fossi andato a vedere una sola partita del Mega [l’ultima squadra di Jokic in Serbia] magari quello spilungone sovrappeso e a prima vista un po’ statico mi sarebbe sembrato in campo quasi per caso, ma se avessi conosciuto i retroscena…”»

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Tyler Schank/Clarkson Creative//Getty Images

In rapida successione, grazie alla struttura ideata da Mike Singer, scopriamo quindi i dettagli dei rapporti di Nikola con la famiglia e la sua terra, i fratelloni onnipresenti, l’amata nazionale serba, il mega-agente-Padrino (e molto altro…) Miško Ražnatović, l’importanza degli allenatori e in particolar modo di coach Dejan Milojević, passato dal Mega Basket di Belgrado ai Golden State Warriors prima di andarsene prematuramente il 17 Gennaio 2024, uno dei momenti più drammatici della vita di Nikola.

E poi, ovviamente, la scelta al draft numero 41 nel 2014, l’inizio della relazione con il General Manager Tim Connelly e con l’assistente ex-stella lituana Arturas Karnisovas, l’arrivo di coach Mike Malone e quello del fido compagno Jamal Murray, fino all’incredibile primo titolo Nba della franchigia nel 2023 dopo averci provato, fallendo, nelle precedenti due stagioni, con due premi di Mvp – Most Valuable Player – già in saccoccia.

Una crescita vertiginosa che ha visto Nikola Jokic nel corso degli anni cambiare radicalmente nel suo approccio non tanto al Gioco – a 18 anni al Mega in Serbia giocava grossomodo già come gioca oggi – quanto al suo fisico e alla sua dieta, altrettanto fondamentali per un corpaccione di 2 metri e 11 centimetri per 130 chili medi.

«“Niente basket. Basket buono” rispose Nikola. “Questo” proseguì afferrendosi i rotolini dell’addome “no buono”.»

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Matthew Stockman//Getty Images

Una delle scelte più peculiari della biografia è quella di rimanere il più fedele possibile all’antico adagio “Conta il viaggio non la meta”: narrata con successo e instacabile desiderio di approfondire la crescita dell’atleta e dell’uomo dalle origini allo sbarco a Denver, all’autore sembra quasi interessare poco la parte dei clamorosi successi sul campo, arrivando a dedicare solo poche pagine alla trionfale corsa-playoff del 2023 e alla vittoria del titolo.

Una scelta in verità perfettamente coerente con il carattere di Nikola, che al risultato sul campo ha sempre dato un peso forse inferiore a quello dei colleghi, pur riconoscendone il valore sia sportivo che economico (quest’anno il ragazzone si porterà a casa 55 milioni di dollari).

Quasi involontariamente, sulle battute finali del libro, Singer riesce forse a cogliere l’essenza del Joker – il soprannome ufficiale – su un campo da basket. Scoppiati i festeggiamenti al termine della vittoria casalinga in Gara-5 delle Finals, dopo aver salutato con rispetto i giocatori dei Miami Heat appena sconfitti e aver concluso in mondovisione una delle interviste più brevi e pacate nella storia di un Mvp delle Finali, il giornalista è testimone diretto di una delle scene più intime e definitive della vita sportiva di Nikola:

«“Solo all’arrivo del fratello maggiore Strahinja, accorso per sollevare da terra i suoi due metri e dieci abbondanti, si concesse infine un sorrisone raggiante: erano sempre le reazioni altrui a dargli le soddisfazioni più grandi.”»

Rizzoli Why so serious? Nikola Jokic come non è mai stato raccontato

Why so serious? Nikola Jokic come non è mai stato raccontato