di
Candida Morvillo
Parla Sveva, la figlia di Emilio Fede: «La sepoltura nel mausoleo di Arcore? Scherzava sempre»
Mercoledì mattina, nella camera ardente, Sveva Fede siede accanto a suo padre Emilio Fede e gli legge i necrologi, gli articoli di giornale, i messaggi ricevuti nella notte da amici e colleghi. La camera ardente è aperta solo ai familiari perché quel padre che è stato un protagonista della tv non voleva neanche un funerale: «Mi diceva: quando muoio, alle sei del mattino, voglio già stare sull’auto che mi porta a Mirabella Eclano per stare accanto alla mamma». A Mirabella Eclano, vicino a Napoli, c’è la tomba della famiglia De Feo, con le ceneri di Diana, che è stata la sua amatissima moglie per quasi sessant’anni.
Nell’attesa delle esequie e dell’ultimo viaggio delle ceneri, Sveva sta accanto a suo papà e ancora gli parla. È la secondogenita ed è lei che gli è stata accanto negli ultimi giorni, nella Rsa di San Felice dove era ricoverato da un anno e mezzo. Racconta: «Papà è felicissimo. Gli ho riportato la stima, l’affetto, i ricordi di chi aveva lavorato con lui, di chi dice “mi ha insegnato tanto”, “non lo dimenticherò mai”. Un messaggio più bello dell’altro. La famiglia dei suoi colleghi non lo ha lasciato solo e questa è la cosa più bella. Gli ho letti anche i passaggi critici di qualche articolo, per lui non avrebbero fatto differenza, come non la fanno per me. In fondo, sono comunque una forma di riconoscimento».
Come sono stati i suoi ultimi giorni?
«Sono stati da guerriero. Era sereno perché sapeva che avrebbe raggiunto la sua adorata Diana, ma è stato combattivo fino alla fine. I medici non si spiegavano come facesse a resistere. È rimasto lucido fino al giorno prima: mi ha abbracciata, mi ha sorriso. Salutava tutte le persone della casa di riposo con baci mandati con la mano».
Su Internet era stato dato per defunto anzitempo più volte. Invece?
«Due anni fa era caduto, era molto debole ed era stato ricoverato al San Raffaele. Era stato dieci giorni in rianimazione: i medici dissero che non ce l’avrebbe fatta. Invece si riprese, tornò in reparto e poi venne in questa struttura. Era arrivato in sedia a rotelle, gli avevano detto che non avrebbe più camminato. Invece, dal deambulatore al bastone, si è rimesso in piedi. È stato un periodo bellissimo della sua vita».
Qual è l’immagine più viva che porterà con sé?
«È difficile scegliere. Forse una di lui con la mamma: una bellissima foto pubblicata proprio dal Corriere, che lei teneva sempre in bella vista a Villa Lucia, nella casa di Napoli. Oppure, lui nei momenti migliori della sua carriera, davanti alle telecamere, a condurre i telegiornali con tutta la sua passione».
Sua madre era mancata quattro anni fa. Quanto lo aveva segnato quella perdita?
«Moltissimo. La loro era una storia forte, fatta anche di lavoro condiviso. Papà chiamava la mamma prima di andare in onda e subito dopo il telegiornale, per avere il suo parere. Lei era innamoratissima, lo ha amato fino all’ultimo. Anche quando era molto malata, se papà telefonava, chiedeva il rossetto prima di rispondere. Ed erano chiamate, non videochiamate. Quando è mancata, lui ha perso una parte enorme della sua vita».
Da figlia com’è stato avere un padre ingombrante mediaticamente, ma spesso lontano fisicamente?
«Spesso era lontano fisicamente, ma in un certo senso era sempre con noi: lo guardavamo ogni sera in tv. Quella era la sua forma di presenza costante, anche se diversa da quella degli altri padri. Quando c’era, però, era padre magico. Appariva e scompariva come una favola: una volta, tornò dall’Africa con una valigia piena di aragoste. Un’altra, eravamo in piazzetta a Capri, tornò dalle Hawaii con una valigia piena di collane di fiori. Era un padre speciale: appariva con un regalo e portava allegria. Ricordo un momento difficile per me: decisi di regalarmi un cane, Teodoro. Lo vedemmo in una vetrina, lui non disse nulla, ma il giorno dopo arrivò a casa da me con quel cocker che mi ha salvato la vita».
Com’è stato vivere da figlia i processi, le inchieste, il caso Ruby?
«Durissimo. Per lui, per la mamma e per noi. Ma lo abbiamo visto forte, convinto della sua verità. La mamma non ha mai dubitato di lui. Sapeva che era un discolo, lo amava anche per quello. Aveva delle fragilità, ma la mamma, e noi con lei, non ha mai dubitato della sua onestà. Per noi, restare uniti in quel momento era ciò che contava. Papà ci ha insegnato che si cade e ci si rialza, e lo ha fatto anche allora».
Lasciare Mediaset nel 2012, fra polemiche e inchieste, fu un dolore enorme per lui…
«Sì, un dolore terribile. Ma preferisco non parlarne: voglio ricordarlo com’era nei momenti più felici. Ora, Mediaset ha mandato dei servizi con immagini molto belle ed è uscito un necrologio firmato da Piersilvio Berlusconi e dalla famiglia. Lo apprezzo come avrebbe fatto lui».
Lei come ha vissuto la nota, sbandierata, adulazione per Silvio Berlusconi?
«Diceva che era il suo secondo amore, dopo la mamma. Si affezionava alle persone, e con Berlusconi fu un percorso professionale bellissimo. Grazie a lui, papà ebbe una seconda occasione e, senza Mediaset non ci sarebbe stato il Tg4, la voce alternativa al Tg1, le notizie date in anticipo sulla guerra del Golfo…».
Il fatto che volesse essere sepolto nel mausoleo di Arcore col Cavaliere era una boutade?
«Una battuta. Papà scherzava sempre. Non avrebbe voluto essere da nessuna parte se non accanto a mamma. Posso raccontarle un aneddoto che spiega quanto la amasse?».
«A casa, abbiamo sempre avuto dei cani. Negli ultimi anni, mamma aveva un Teodoro terzo, che però mancò. Allora, papà mi chiama da Milano, preoccupato, e mi chiede cosa dobbiamo fare. Gli spiego che mamma non vuole un altro cane, perché dice che è anziana, mancherà presto, non vorrebbe lasciare una bestiola sola. Allora lui propose di portarle Briscola, la mia cagnolina. Disse: Briscola ama moltissimo la mamma e andrà volentierissimo a fare la regina di Villa Lucia. Dico: bellissima idea. Lui riagganciò il telefono e, in un minuto, era in macchina. Partì di corsa, arrivò al casello di Arezzo, io la raggiunsi lì con Briscola e partirono insieme per Napoli. E Briscola è rimasto con la mamma fino all’ultimo momento e, dopo, è potuto tornare da noi. Su papà, sto raccogliendo materiale per un documentario, per ricordarlo nei suoi slanci: era un caos, una tempesta, un’esplosione».
Una testimonianza già raccolta e inaspettata?
«Quella di Lucia Annunziata. Era amica di mamma e papà aveva un grande rispetto per lei. Ovviamente, non condividevano le stesse posizioni politiche. E quindi, continuamente, si azzuffavano, discutevano, papà la insultava. E Lucia mi ha raccontato che quando la mandava al diavolo pesantemente, il giorno dopo, le spediva sempre un mazzo di rose rosse. E poi, stamattina, mi ha chiamato il suo carissimo Paolo Brosio».
L’inviato di giudiziaria che, da direttore del Tg4, Fede strapazzava nelle dirette da Palazzo di Giustizia.
«Paolo piangeva, piangeva. Dice: gli volevo bene. E io: anche papà ti voleva bene, eri come un figlio. E lui: sì, ma mi cazziava sempre».
Un ricordo di suo padre e della sua popolarità?
«Mi viene in mente una volta che andammo a Gaeta, in barca: c’erano la mamma, lui, io e i miei figli Guelfo e Ottavia, ancora piccoli. Ricordo bene la scena: attorno a papà c’era una folla di età diversissime che gli chiedeva autografi, lo salutava, lo abbracciava. C’erano bambini – e mi stupiva che lo riconoscessero – c’erano i giovani e c’erano gli anziani che lo aspettavano ogni sera al telegiornale come a un appuntamento irrinunciabile. La sua è stata una storia generazionale, che ha attraversato tante famiglie. Quella capacità di aprirsi e di volere bene a tutti è ciò che mi ha colpito di più».
La sensazione è che si divertisse molto anche per le prese in giro, per quelle di Striscia la Notizia, per le gag sui suoi presunti ritocchini estetici. È così?
«Sì, le viveva come una testimonianza di affetto e di stima. In fondo, senza quelle prese in giro sarebbe mancato un pezzo importante della sua notorietà: lui e Striscia si sono creati a vicenda. A papà piaceva il casino, era nato casinista. Già sedicenne combinava guai per il giornalino di Ostia. Era un caos continuo, e si divertiva. Anzi, ogni tanto le fomentava pure lui, quelle prese in giro».
Suo padre temeva la morte o era credente?
«L’incontro con Giovanni Paolo II lo segnò profondamente: aveva portato nella casa di riposo la foto del Papa che gli carezza il viso. Lì don Carlo dice messa tutti i giorni. All’inizio, papà non andava, poi, poco alla volta, ha iniziato a parlare con questo sacerdote. È stato un avvicinarsi lento, passo dopo passo, fino ad affidarsi. Se n’è andato sereno anche nella fede».
4 settembre 2025
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