di
Giusi Fasano
Tempio Pausania, morto il figlio del presidente del collegio. Il verdetto slitta al 22 settembre
DALLA NOSTRA INVIATA
TEMPIO PAUSANIA – Aula del tribunale di Tempio, ore 10.30. L’inizio dell’udienza era fissato per le 10 ma i giudici non arrivano. Le voci si rincorrono rapidamente e ormai tutti sanno: non ci sarà nessuna udienza, nessuna sentenza. È morto il figlio di Marco Contu, il presidente del collegio del caso Grillo, e ovviamente salta tutto.
Con il passare dei minuti la tragedia si arricchisce di dettagli: il ragazzo aveva 22 anni, è morto investito da un treno della metropolitana, a Roma, martedì pomeriggio verso le 15.30. La polizia ipotizza il gesto volontario e non è chiaro quando il presidente Contu (che martedì è stato in aula fino alle 19) ne sia venuto a conoscenza.
Il verdetto per l’accusa di violenza sessuale di gruppo per Ciro Grillo e i suoi tre amici genovesi dovrà aspettare. Il grave lutto commuove tutti, sono senza parole il pubblico ministero Gregorio Capasso, gli avvocati dei quattro imputati e quelli di parte civile.
Poi entrano in aula i due giudici a latere, Alessandro Cossu e Marcella Pinna. Prende la parola lei e dice: «Purtroppo, avete appreso tutti la triste notizia, ora bisogna cercare di trovare una soluzione». E, rivolgendosi al procuratore: «Ho appena sentito la Presidente del Tribunale, dottoressa Caterina Interlandi, la quale sostiene che il processo debba essere rinviato a domani o, comunque, il prima possibile, prima della partenza del dottor Cossu» (che dall’8 settembre ha una nuova nomina ad Asti, ndr).
Gli avvocati si guardano perplessi, qualcuno pensa di aver capito male, ma la giudice precisa: «Il dottor Contu ha dato la sua disponibilità addirittura oggi. Dovremmo cercare di capire». E di nuovo: «La Presidente (Interlandi ndr) sostiene che l’udienza si debba fare domani».
A questo punto i quattro avvocati che avrebbero dovuto parlare annunciano che non parleranno in aula guardando in faccia un giudice che ha perduto il figlio due giorni prima. Chiedono un rinvio più in là nel tempo e così avviene. La nuova udienza per controrepliche e sentenza viene fissata al 22 settembre.
Ma prima di fissare quella data l’avvocato Alessandro Vaccaro (difensore di Vittorio Lauria) si avvicina al microfono e apre la polemica con la dottoressa Interlandi. Parla del «dolore» per la morte del ragazzo, annuncia il formale «rifiuto» di parlare di tutti i difensori dei ragazzi nel caso che il processo venga rinviato al giorno dopo e dice: «Ci ha colpito che un Presidente di un Tribunale possa pensare che una persona venga in udienza il giorno dopo la morte del figlio a sentire i difensori. È impensabile e inaccettabile». Fuori dal Palazzo, con i giornalisti, aggiunge: «Oltre che avvocati, giornalisti o giudici, siamo uomini. Cosa c’è di peggio di una perdita di un figlio?».
La questione raggiunge il Consiglio superiore della magistratura e in una nota il componente laico Enrico Aimi dice che «il Csm ha il dovere di approfondire questa delicatissima vicenda, anche perché in dubbio c’è uno dei requisiti primari che un magistrato deve possedere, tanto più se svolge funzioni direttive: l’equilibrio. Nelle prossime ore depositerò una richiesta di apertura pratica».
La Presidente Interlandi non ha voluto incontrare i giornalisti ma ha risposto al telefono smentendo di aver mai proposto di rinviare l’udienza a così breve termine: «Non ero presente in udienza, non faccio parte del collegio e non ho altro da dire. Non cercate polemiche inutili» ha scandito. All’obiezione che a tirarla in ballo in aula è stata la giudice Pinna, risponde: «Allora chiedetelo a lei…».
Il 22, salvo nuovi colpi di scena, sarà emessa la sentenza. Non ci saranno Ciro e i suoi amici e coimputati Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia. Dovrebbe esserci invece la ragazza che li accusa, Silvia. Che ieri aveva deciso di venire a Tempio per la lettura del verdetto.
4 settembre 2025
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