Ero alla proiezione londinese di Red Sonja, a cui è seguito Q&A con la regista MJ Bassett, e una ha alzato la mano e dichiarato che il vecchio Red Sonja dell’85 – quello con Brigitte e Arnold, uscito da noi come Yado – era uno dei suoi film preferiti quando era bambina.
Mi ha messo una tristezza infinita.
Perché no, non è come quando che ne so, vai a un Q&A di Christopher Nolan e c’è uno che dice che il suo film preferito è Insomnia solo per fare il fenomeno.
Qua il messaggio era chiaro e forte: se eri bambina negli anni ‘80 e ti piaceva il fantasy, le opzioni con protagonista femminile alternative a Red Sonja – e intendo dirette a un pubblico vagamente generico, non roba per adolescenti arrapati stile Barbarian Queen – erano praticamente inesistenti. È simile a me che, amando il sottogenere molto specifico degli horror con protagonisti una rock star indemoniata, mi riduco ad affezionarmi a Morte a 33 giri, a Rock’n’Roll Nightmare, a Black Roses, a Slumber Party Massacre 2… ok ce ne sono già di più. Avete capito l’antifona.
E Red Sonja era terribile, ma girato da qualcuno come Richard Fleischer, capace di fare un lavoro competente anche in sonnambula (che è più o meno come lo girò), e impreziosito da una colonna sonora evocativa extra-lusso di Morricone. Per cui insomma, ci poteva essere un’illusione di decoro. E poi si è dovuto aspettare dieci anni per avere almeno Xena la principessa guerriera.
Parliamoci chiaro quindi: tecnicamente, era più facile rifare Red Sonja meglio che peggio.
Siamo ormai abbastanza grandi da ammettere che gli anni ’80 non hanno solo fatto cose buone, sì?
Breve background!
Mettetevi comodi che questa parte è difficile: Red Sonja è un personaggio che prende ispirazione da “Red Sonya di Rogatino” – protagonista del racconto L’ombra dell’avvoltoio di Robert E. Howard, autore di Conan il barbaro – ma che fu ideato nel 1972 da Roy Thomas e Barry Windsor-Smith direttamente per i fumetti Marvel con l’idea di raccontare che Mary Jane Watson era sua discendente. La Red Sonya del racconto di Howard, con la y, è una guerriera del 1500 di origini ucraine/polacche e non c’entra nulla con il mondo di Conan; la Red Sonja dei fumetti, con la j, fa invece parte del mondo fantastico di Conan e lo incontra spesso. E poi ha una serie tutta sua. E infine viene ceduta dalla Marvel e trasformata definitivamente dalla Dynamite in una delle eroine a fumetti più sexy di sempre: lo dice una classifica. E non una classifica di un reel di Instagram o che ne so: proprio una classifica su libro. Più ufficiale e accademico di così io non saprei. Tra parentesi, (non ho idea di dove sia Rogatino. Provincia di Padova?).
Red Sonja sbarca al cinema nel 1985 grazie a Dino De Laurentiis che, lungimirante come sempre, urla “pure io voglio un flop come Sheena la regina della giungla e Supergirl!”, fa esordire Brigitte Nielsen e poi costringe Schwarzenegger a farle compagnia, forte di un contratto per il quale Arnold gli doveva un altro film. Ve l’abbiamo già raccontato.
Si torna a parlare di Red Sonja intorno al 2009 quando Robert Rodriguez annuncia una sua versione con Rose McGowan e butta fuori un teaser poster memorabile: non procede. Qualche anno dopo si parla di una versione di Simon West con Amber Heard, ma non procede nemmeno quella. A un certo punto viene ingaggiato Bryan Singer e per grazia divina salta pure quello.
Fa brutto definire MJ Bassett la carta della disperazione, ma è un po’ lo Steven Bradbury della situazione: inizia a sognare Red Sonja subito dopo aver diretto Solomon Kane, non glielo danno, non riesce più a infilare progetti di grande profilo (con l’eccezione di un sequel di Silent Hill), e di base ha il merito di essere ancora lì, convintissima, dopo che tutti quelli davanti a lei sono cascati per terra.
Sapete che non è un progetto Marvel perché non l’avete visto citato in Deadpool & Wolverine.
L’idea è che, con un nome meno potente alla regia, sia calato drasticamente anche il budget.
Si tenta di attirare un nome grosso per il ruolo della protagonista. Non ci si riesce, per cui si va col piano B che per me è il piano A: non una giusta per il botteghino ma una giusta per il ruolo, ovvero – al grido di “c’è un pezzo di Italia anche in Red Sonja” – la nostra Matilda Lutz. Si cicca il grosso nome anche per il villain, a meno che non consideriate Robert Sheehan un grosso nome per via di Umbrella Academy, o non vi accontentiate di Martyn Ford che fisicamente è grosso come pochi.
Il trailer mi aveva sorpreso: montato molto bene, mi aveva dato un senso di energia e divertimento.
Il film è invece quello che un po’ temevo fin dall’inizio e non so come girarci attorno: è troppo povero, mannaggia la maledizione.
MJ Bassett è guidata da un visibile affetto per il personaggio e per il mondo che la circonda: la storia che racconta contiene spunti sulla carta interessanti.
Ad esempio: via con le origini classiche di Red Sonja sessualmente violata, è sufficiente il genocidio del suo villaggio. E nonostante ciò, Sonja non entra in azione per trauma irrisolto o vendetta personale, ma scatta quando vede bracconieri maltrattare un gruppo di animali in cgi approssimativo. Non è un minimo rinfrescante? Una pura questione circostanziale di valori in cui si crede forte, su un personaggio che avrebbe tutto il diritto di lagnarsi come e più di Batman ma ha invece già deciso da tempo di non abbattersi e guardare avanti.
Viene catturata e gettata nell’arena dei gladiatori, ed è la scusa per farle indossare il suo classico bikini di metallo: “Protegge?” “Manco per sbaglio, ma gli spettatori ne andranno matti”, recita l’appropriato scambio che fa ridere ma anche riflettere sul trattamento dispari, perché se ci pensate Conan invece indossa sempre solo le mutande di pelle. Ma è davvero disparità? Nel senso: perché Red Sonja in bikini la consideriamo sexy mentre Conan in mutande, e depilato, per qualche motivo lo consideriamo “virile”? Non ho la minima intenzione di affrontare le multiple possibili ramificazioni di questa domanda.
Ci sono altre suggestioni interessanti: la pratica del gaslighting magico, il villain come metafora dei tech bro, il modo in cui si risolvono le controverse discussioni sulla sessualità di Red Sonja mostrandola innamorata direttamente del suo cavallo (non consumano).
Il pianeta dei Martyn Ford
MJ racconta delle difficoltà di produzione e di come ha cercato di girare più scene possibili con effetti pratici – con l’eccezione di un tenerissimo ciclope – per evitare che le segassero il budget in fase di post-produzione: era la strategia giusta, ma non sufficiente.
Il problema che ho con il gestire le cose in questo modo è che per la foga di metterci tutto quello che ci vuole mettere, impuntandosi su ogni singolo passaggio della storia, si finisce per allargare la distanza tra intenzioni e risultato. E il fantasy, in questo senso, è un genere che non perdona.
Ci sono troppi compromessi in Red Sonja: grandeur scenografica/fotografica drammaticamente limitata, coreografie di combattimenti abbozzate, l’occasionale bel momento seppellito da tanti altri frettolosi su più livelli. Matilda è spettacolare e non so quante altre attrici oltre a lei sappiano sembrare contemporaneamente la morosa che presenteresti ai genitori e una a cui non vorresti rompere il cazzo in battaglia, ma Robert Sheehan è lasciato libero di recitare nel film che sta solo nella sua testa e si vede. E fa abbastanza impressione che l’unico altro portatore di carisma del cast sia Michael Bisping.
Il risultato è che, a forza di idee che non funzionano e frustrazione varia, si arriva alla fuga dall’arena che ho pensato “dai, se finisce qui è ok” e invece si è appena a metà.
La spada funziona.
Vorrei dire che Red Sonja 2025 è migliore di Red Sonja 1985, e invece sono stranamente complementari: dove quello dell’85 era il risultato del lavoro di un mucchio di signori professionisti demotivati, questo è un lavoro che dimostra chiara e ostinata passione, ma a scapito di quasi tutto il resto.
Ci speravo fortissimo, non sono tuttora sicuro del perché ci si sia ridotti a investire così poco nel personaggio, e invece chi ha il pane non ha i denti, ecc…
Poster-quote:
“Se qualcosa può andar peggio, lo farà”
La legge di Murphy, sezione Fantastici 4
P.S.: un altro paio di aneddoti dal Q&A. Brigitte Nielsen aveva filmato un cameo, ma è stato tagliato. MJ non ha dato dettagli e lasciato intendere che si trattasse di pura scelta artistica: a fronte di un film del genere, una mossa come questa sta sul sottile confine tra ammirevole integrità e altrettanto ammirevole arroganza. Pure ad Arnold è stato chiesto di apparire – MJ ha diretto due episodi di Fubar – ma lui ha educatamente declinato.