La 24enne americana, prima connazionale dopo le sorelle Williams a centrare la semifinale Slam su tutte le superfici, chiude il cerchio superando Swiatek, che l’aveva umiliata in finale a Londra

Lorenzo Topello

4 settembre – 09:24 – MILANO

“C’è chi ha perso una brutta partita, però forse una fiche gli è restata. E può darsi ci sia un altro giro di ruota”. Amanda Anisimova forse non avrà tenuto conto dei pezzi di Ligabue nella costruzione della playlist di Spotify, ma un pensierino a “I duri hanno due cuori” forse potrebbe buttarlo. È la storia di Veleno, uno a cui all’improvviso, nel grande gioco di carte che è la vita, i croupier hanno servito mani troppo basse per confidare in un jackpot. Un po’ come ad Amanda: neanche due mesi fa l’ha persa eccome la sua brutta partita, 6-0 6-0 incassato nella finale di Wimbledon. Neanche un’ora è durato, quel supplizio contro Swiatek. Che però, strane coincidenze, è l’avversaria appena superata al quarto di finale dello US Open. La ruota ha girato più veloce del rovescio della tennista statunitense.

DOPO LO SHOCK DI WIMBLEDON—  

Amanda Anisimova, neanche una settimana fa, ha spento 24 candeline. È una Gen Z, ma di vite pare averne vissute una decina: sprintava come una novella Sharapova, da minorenne, al punto da guadagnarsi lo scomodo paragone con la leggenda russa. Poi la depressione, la perdita del padre, il tentativo di ripresa con un coach come Darren Cahill. Nella nuova vita, iniziata da poche ore, la statunitense è diventata la prima del suo Paese dopo le sorelle Williams a raggiungere la semifinale Slam in tutte e tre le superfici. Questo è il dato che conta, quello che è le valsa una commovente standing ovation dalla sua gente a New York dopo aver battuto Swiatek: “Quando è finita la finale con lei, a luglio, ho pianto per mezzora. Non riuscivo a smettere di pensare a quante persone avevano pagato un sacco di soldi per assistere alla partita. Mi sentivo in colpa”. In quei 57 minuti la pasticceria Swiatek ha servito una doppia ciambella, due bagel (come dizionario tennistico impone) indigesti anche per un robot del circuito: 6-0 6-0, Amanda distrutta in lacime dopo un percorso da favola. Che oggi è vendicato, almeno in parte: la prima semifinale Slam su cemento è arrivata nel torneo di casa e proprio contro la polacca.

CORAGGIO—  

Anisimova, testa di serie numero 8 del seeding, ha giocato e sta giocando uno Slam pazzesco: ha perso solo un set, rimanendo spavalda anche contro la numero 2 del mondo. Quella che le aveva regalato il più grande incubo della carriera a Wimbledon: “Mi sono detta: ‘È solo una partita di tennis’. Ieri sera ho riguardato la finale, mi sentivo lentissima. E forse mi ha condizionato anche all’inizio di questo Us Open. Poi ho preso coraggio, non potevo vincere con la paura. Così sono scesa in campo senza timori: ho dimostrato alla gente che se si ha una mentalità positiva e ci si impegna, si possono raggiungere i risultati”. Come la terza semifinale Slam, la prima sul cemento dopo il clamoroso Roland Garros 2019 e l’ultimo Wimbledon. Superando, appunto, la nemesi Iga: è finita 6-4 6-3 per una Anisimova dal gioco troppo abbagliante anche per la numero 2 del mondo. Il doppio dei vincenti (23-12), meno errori gratuiti (12-15, e pensare che a Wimbledon Amanda ne aveva commessi addirittura 28…). Anisimova, ora, ha davvero chiuso il cerchio.

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UN’ALTRA POSSIBILITÀ—  

In campo, a New York, la statunitense di origine russa è un’altra persona adesso. Lo ha detto pure Swiatek: “Sa giocare un ottimo tennis, non è quella della finale di Wimbledon. Stavolta era completamente diversa: si muovava meglio, giocava meglio. Sì, era davvero tutto diverso”. Anisimova ha ruggito, ha tirato fuori il carattere per uscire dalle sabbie mobili. Come ha fatto in passato quando si è trattato di sconfiggere l’incubo del burnout, che l’ha tenuta lontana per mesi dal circuito: ha viaggiato, letto, frequentato business e psicologia all’università della Florida. Si è anche dedicata alla pittura, devolvendo i ricavati delle proprie opere agli enti che si occupano di povertà, salute mentale e infanzia. E poi è tornata sui campi; ha perfezionato un rovescio che quando è in forma appare fuori controllo per qualunque avversaria. Ed è tornata a vincere titoli. Come il primo Masters 1000 della carriera, conquistato a febbraio a Doha. Wimbledon è stato un passaggio a vuoto, ma i cori “We Love you Amanda” del pubblico americano e le vittorie a Flushing Meadows lo rendono già un ricordo lontano, come una mano di carte persa malamente ma ora da dimenticare in fretta, perchè il piatto improvvisamente si è di nuovo fatto ricco. Vale per Amanda Anisimova, per Veleno e per chiunque si trovi faccia a faccia con la quotidianità: meglio darsi sempre un’altra possibilità. Perchè potrebbe funzionare.