di
Gianni Santucci

È ufficiale: dal viale Umbria agli anni di via Gargano: il locale simbolo dell’anima cosmopolita e camp della notte milanese chiude per sempre. Un tramonto tra nostalgia e leggenda

Qualcuno piangerà. Forse. O sarà una tristezza senza lacrime. Una botta di malinconia. Perché non è solo la chiusura di un locale (che s’era già trasferito, nel 2012, dalla sua sede storica). È l’epilogo d’una stagione. Sigillo su un tempo finito. Tramonto di innumerevoli giovinezze milanesi: quando s’andava in viale Umbria. L’insegna al neon. Lettere gialle, verdi, blu, rosse. Colori nella notte, promesse d’avventura. «Killer Plastic O». Ed era come entrare in un club di Londra. Di New York. Un locale di quelli alternativi e innovativi. Per gente chic e scappati di casa, ma sempre glamour. Così fu dalla fondazione, 1980. Il rito della coda per entrare. La calca straripante in strada. Pure sotto la pioggia. Pure con la neve. S’aspettavano tre minuti o tre ore. Incogniti, spietati meccanismi di selezione all’ingresso. Comunque, la notizia è stata data mercoledì pomeriggio da rollingstone.it: «Il Plastic, storico club di Milano, ha chiuso». Per sempre. Un graffio di nostalgia sulla memoria di tre generazioni.

Qualcuno dirà: chiusa una discoteca? Chi se ne frega. Legittimo. Ma superficiale. Milano di notte ha avuto tre anime. Ognuna il suo locale. Tre luoghi, tre icone. Tre modi di vivere e di pensare. Di amare e di divertirsi. Inconciliabili. Dagli anni Ottanta, al volgere del millennio. L’Hollywood: calciatori e modelle, riccanza e ostentazione. Il Leoncavallo: concerti e cortei, epicentro della contro-«Milano da bere». E poi, al 120 di viale Umbria, in un caseggiato cadente, il Plastic. Ha raccontato a GQ Nicola Guiducci, mente musicale del locale fondato dal mitico Lucio Nisi: «I punk arrivavano vestiti da Vivienne Westwood, noi scovavamo le suggestioni tra Londra e New York e un sacco di gente scovava noi». Di Milano era l’anima cosmopolita. La notte vamp. L’estetica camp.



















































Ecco, è successo nel giro di un’estate. Leoncavallo e Plastic. Anime perse.
Il Leonka potrebbe riaprire, chissà quando, forse. Sulla fine del Plastic, si diceva, mancano riscontri. Secondo Rolling Stone: «Fonti certe vicine al locale hanno confermato la chiusura definitiva». Il Corriere aveva inviato un messaggio alla «Pinky». Chi è? Al Plastic s’è fatta la fama di donna più burbera di Milano. Da un’intervista a Lampoon: «Sono una dei soci del Plastic, dove sono arrivata da cliente… ho iniziato a gestire gli ingressi del privée. È stato formativo: non facevo entrare nessuno». Al messaggio, nessuna risposta. Ma poche ore dopo, dai canali social del club, era arrivata la conferma definitiva: «Il 28 giugno 2025 è stata l’ultima serata del Plastic». 

Schizzi di storia. Ancora dal racconto su GQ: «Incidentalmente, in mezzo a quei ragazzi Anni 80 ci trovavi Gianni De Michelis, il più nottambulo dei nostri politici. O Nick Kamen, che all’epoca era il sogno erotico del 90% della popolazione: maschi e femmine, indistintamente. O magari incappavi in Freddie Mercury. Tra il bagno delle donne e quello degli uomini avevamo un flipper: lui si piazzava lì a giocare tutta la notte. Gli piaceva di brutto quel flipper, e a noi piaceva che gli piacesse. Al Plastic potevi anche finire seduto di fianco ai Pink Floyd, senza riconoscerli. Da New York veniva a trovarci Grace Jones, e anche Keith Haring: un amico vero. Arrivavano tutti quanti e si fondevano in quel crogiolo di umanità riparata dalle nostre quattro mura, mentre una fila enorme si formava fuori».
Tatuata sul petto, il dj del Plastic ha una piccola scritta. Boys don’t cry. Forse.


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4 settembre 2025 ( modifica il 4 settembre 2025 | 08:30)