Un “allenamento” specifico di sei settimane, fatto di esercizio fisico mirato e un’alimentazione potenziata, può ridurre drasticamente le complicanze dopo un intervento chirurgico maggiore al fegato. È il risultato di uno studio clinico randomizzato italiano appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama Surgery, che assegna un ruolo da protagonista al paziente nel proprio percorso di cura. La ricerca, che ha visto una collaborazione d’eccellenza tra l’ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì e l’ospedale S. Camillo Forlanini di Roma, affronta il problema della sarcopenia – la perdita di massa e forza muscolare – che è notoriamente associata a esiti chirurgici sfavorevoli. Nonostante i progressi nella tecnica chirurgica, i tassi di complicanze in questi pazienti fragili rimangono elevati, indicando la necessità di strategie pre-operatorie.

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Lo studio è nato dall’intuizione del dottor Giammauro Berardi, chirurgo della Chirurgia Epatobilio-pancreatica e dei Trapianti dell’ospedale S. Camillo Forlanini di Roma, diretta dal professor Giuseppe Maria Ettorre , che ne ha avuto l’ideazione e la promozione. La parte della strutturazione del protocollo scientifico, della gestione dei dati e dell’analisi statistica è stata curata dal professor Alessandro Cucchetti, della Chirurgia Epatobiliare e Pancreatica di Forlì – diretta dal professor Giorgio Ercolani, la cui expertise metodologica ha garantito il rigore scientifico necessario per la pubblicazione su una rivista ad alto impatto.

“Tradizionalmente vista come un semplice marcatore di fragilità, la sarcopenia è oggi un fattore di rischio modificabile su cui possiamo intervenire – spiega il professor Cucchetti -. Il nostro lavoro fornisce la più alta evidenza scientifica attesa dalla comunità scientifica: un programma strutturato di pre-abilitazione funziona anche nella chirurgia epatica complessa”.

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Lo studio: come funziona la pre-abilitazione

Per colmare il vuoto di evidenze in questo specifico ambito, il team ha condotto uno studio clinico randomizzato su pazienti con sarcopenia candidati a resezione epatica maggiore. Un gruppo ha intrapreso un programma intensivo della durata di 6 settimane prima dell’intervento, che includeva esercizio fisico personalizzato – un mix di attività aerobica e di potenziamento muscolare per aumentare la resistenza e la forza – e potenziamento nutrizionale – un supporto dietistico iperproteico e mirato a costruire riserve metaboliche per affrontare lo stress dell’intervento .

Risultati inequivocabili: meno complicanze e prima a casa

I risultati parlano chiaro. I pazienti del gruppo “pre-abilitato” hanno mostrato un vantaggio significativo rispetto a chi ha seguito la preparazione standard con una riduzione marcata delle complicanze post-operatorie maggiori (come infezioni e insufficienza d’organo) e degenze ospedaliere più brevi e un recupero funzionale più rapido.

“L’idea – commenta Berardi – era di trasformare il paziente da soggetto passivo a protagonista attivo della sua guarigione. Questi risultati confermano che investire tempo nella preparazione fisica significa investire in sicurezza e in un risultato migliore. È un cambio di paradigma nel percorso di cura”.

Le implicazioni: un nuovo standard di cura

“La pubblicazione su una testata come Jama Surgery (https://jamanetwork.com/journals/jamasurgery/article-abstract/2838015#) conferma che la pre-abilitazione deve essere uno standard di cura per i pazienti fragili che devono affrontare interventi chirurgici epatici maggiori – conclude il professor Ercolani – irrobustendo le basi per un approccio multidisciplinare che include, accanto al chirurgo, il nutrizionista ed il fisioterapista fin dalle fasi precedenti l’intervento, come già in essere a Forlì da diversi anni per pazienti con altre patologie neoplastiche (stomaco, pancreas, retto) ed in altri percorsi terapeutico-assistenziali come il protocollo Eras (enhanced recovery after surgery)”.