Dopo il breve incontro del 18 maggio in occasione dell’intronizzazione, stamattina in Vaticano Papa Leone ha incontrato il presidente israeliano Isaac Herzog per una più approfondita udienza privata. Un colloquio che è stato caldeggiato da Israele in vista dell’approssimarsi del secondo anniversario dell’attentato terroristico del 7 ottobre. Mentre la situazione a Gaza si fa sempre più drammatica, l’obiettivo di Herzog è sensibilizzare quante più cancellerie possibili – in primis quella vaticana – su quanto subìto quel giorno dagli israeliani e sugli ostaggi rapiti e in gran parte uccisi da Hamas. Con il Vaticano che ha precisato che “è prassi della Santa Sede acconsentire a richieste di udienza rivolte al Pontefice da parte di capi di Stato e di governo, non è prassi rivolgere loro inviti”. Inoltre il 25 ottobre ricorrerà il 60esimo anniversario della Dichiarazione conciliare Nostra aetate che ha messo fine all’ostilità tra le due fedi e su cui il Vaticano e Israele stanno lavorando anche con iniziative congiunte.

Il presidente israeliano Herzog in Vaticano

Intorno alle 10 il presidente israeliano Isaac Herzog è arrivato in Vaticano per incontrare Papa Leone. Imponenti le misure di sicurezza. Per agevolare il passaggio del corteo presidenziale, tutta l’area di via della Conciliazione e del Colonnato è stata transennata e interdetta all’accesso. I varchi di accesso alla via e alla Piazza sono stati chiusi per tutto il tempo del passaggio del presidente israeliano. Rafforzato il dispositivo di sicurezza con pattuglie di carabinieri e agenti della polizia. La visita è stata particolarmente lunga, oltre due ore. Herzog ha visitato anche la biblioteca vaticana ed è stato ricevuto dal segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin. In totale la visita è durata due ore e tre quarti. Lungo il corteo presidenziale: tra berline e van si sono contati più di 15 veicoli. 

Herzog dopo udienza: “Israele anela alla pace”

“Ringrazio dal profondo del cuore Papa Leone XIV per la calorosa accoglienza ricevuta oggi in Vaticano. Soprattutto, Israele si sta impegnando in ogni modo possibile per restituire tutti gli ostaggi tenuti in crudele prigionia dagli assassini di Hamas”, ha scritto su X Herzog, dopo l’udienza. “Israele – continua nel suo lungo post – anela al giorno in cui i popoli del Medio Oriente – i figli di Abramo – vivranno insieme in pace, collaborazione e speranza. I leader religiosi e coloro che scelgono percorsi pacifici devono unirsi nel chiedere l’immediato rilascio dei rapiti, come primo e fondamentale passo verso un futuro migliore per l’intera regione”. “Lo Stato di Israele, impegnato a garantire la libertà religiosa a tutti i credenti e determinato a continuare a lavorare per la pace, la tranquillità e la stabilità in tutta la regione, è orgoglioso della sua comunità cristiana e si impegna a garantire la sicurezza e il benessere delle comunità cristiane in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente, nonchè a preservare il loro posto unico. La tua ispirazione e la tua leadership, Papa Leone, nella lotta contro l’odio e la violenza e nella promozione della pace nel mondo, sono apprezzate e importanti per tutti noi. Non vedo l’ora di continuare ad approfondire la nostra collaborazione per un futuro di giustizia e compassione”.

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La preoccupazione del Papa per il Medio Oriente

Il conflitto in Medio Oriente è una delle più grandi preoccupazioni del Pontefice. Proprio due sere fa, a cena con gli agostiniani, il Papa si è confidato con alcuni confratelli sulla situazione di Gaza parlando di un vero e proprio “dramma”. “Ne parlavamo l’altra sera – riferisce padre Alejandro Moral Anton, caro amico del Pontefice -, noi non diciamo chi abbia ragione e chi abbia torto, è un dramma per tutti e due i popoli, quello israeliano e quello palestinese, il Papa insisterà sulla pace”. 

La prudenza del Pontefice nello scenario geopolitico

È possibile che Herzog abbia invitato nuovamente il Papa a visitare Israele, un viaggio che sarebbe ormai prassi per un Pontefice dato che Gerusalemme è la città santa delle tre fedi (ebraismo, cristianesimo e Islam), oltre che il luogo natìo di Gesù. Ma si tratta in questa fase storica più che altro di una formalità: le circostanze di guerra escludono una visita come quella di un Pontefice e anche Leone non vuole forzare la mano. Non solo non ci sono le condizioni per andare a Gaza nè in Cisgiordania, ma un suo ingresso nel complesso scenario rischierebbe di complicare la situazione dei palestinesi e, tra loro, dei cristiani. Più facile che nell’immediato Leone ottenga qualche garanzia per la comunità cristiana sia di Gaza (dove sono sfollati anche tanti musulmani), sia della West Bank, fatta oggetto, anche nel recente passato, di attacchi da parte dei coloni.

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