L’ultimo Major della stagione, il più antico, l’unico in Europa, quest’anno si disputa a Portrush, in Irlanda del Nord. A chi andrà il titolo di miglior golfista dell’anno?


Matteo Dore

Giornalista

19 luglio – 16:48 – MILANO

TheOpen è vento e pioggia, è l’attesa di un raggio di sole, è nebbia e freddo. TheOpen è un links, quelle striscie di terra accanto al mare del Nord, brulle praterie dove era impossibile seminare alcunché, dove capre e pecore potevano mangiare un po’ di erba dura e salata senza rovinare nulla, terra di nessuno. TheOpen è Scozia e Inghilterra e Irlanda del Nord, è la natura che disegna i campi più belli del mondo. TheOpen è il ricordo di pastori, ma anche di re e regine, che si divertivano fin dal Medioevo con il gioco delle mazze e delle palline da mandare in una buca del terreno, si dice che anche Maria Stuarda prima di perdere la testa nel 1587 per ordine di sua cugina Elisabetta fosse una grande appassionata. TheOpen, scritto così tutto attaccato, è il British Open o l’Open Championship, ognuno lo chiami un po’ come vuole, tanto tutti capiscono. È il major più antico del mondo, l’unico che si gioca fuori dal Nord America, è storia e poesia, è dramma e leggenda, TheOpen è il golf.

gli inizi—  

La prima volta fu nel 1860 a Prestwick, in Scozia. L’idea fu del conte Eglington e del colonnello James Fairlie: l’anno prima era morto Allan Robertson, il tipo che costruiva i bastoni per i soci di St.Andrews e che tutti riconoscevano come il più forte giocatore di allora. Eglington e Fairlie si chiesero: e ora chi è il migliore? L’appuntamento per risolvere la questione fu fissato per mercoledì 17 ottobre. I club e le società di golf di tutta la Scozia e dell’Inghilterra invitarono i loro campioni, essenzialmente caddie che giocavano, a contendersi la cintura in pelle rossa con pannelli d’argento acquistata a Edimburgo per 25 sterline. Al torneo parteciparono otto professionisti. Tom Morris, il greenkeeper di Prestwick, era il favorito locale, ma fu Willie Park di Musselburgh a portarsi a casa la cintura. Negli anni seguenti furono due i Tom Morris a prendersi la rivincita, anzi molte rivincite. Old Tom Morris e Young Tom Morris, padre e figlio, che vinsero per un totale di otto volte. La Claret Jug, che ancora oggi viene assegnata al vincitore, fece la sua comparsa una decina d’anni dopo perché la cintura rossa era stata data definitivamente a Tom Morris Senior che l’aveva già conquistata 3 volte. Fu quindi ordinato a un argentiere un nuovo trofeo e lui preparò la Claret Jug, appunto, la brocca per il chiaretto, un vino rosato che allora spopolava in Gran Bretagna.

i campi da gioco—  

Quella di quest’anno al Royal Portrush in Irlanda del Nord è l’edizione numero 153 dell’Open Championship. Sono 14 i campi che l’hanno ospitato, ma quattro non sono più usati: Prestwick e Musselburgh in Scozia, Cinque Ports e Prince’s in Inghilterra. Adesso i campi che si alternano sono dieci, la loro lista è conosciuta come Rota (da rotation, rotazione): St.Andrews, Carnoustie, Muirfield, Troon e Turnberry in Scozia. Lytham & St.Annes, Birkdale, Oylake e St.George in Inghilterra, Portrush in Irlanda del Nord. Tutti campi mitici. Testimoni delle imprese di Bobby Jones e Harry Vardon, Gene Sarazen e Harry Cotton, Gary Player e Lee Trevino, Jack Nicklaus e Tom Watson, Severiano Ballesteros e Tiger Woods. E l’elenco potrebbe stendersi all’infinito, la lettura dell’albo d’oro dell’Open equivale a una lezione di storia. Sui links britannici vincono solo i migliori perché ogni buca cambia aspetto in continuazione per le bizzarrie del vento e dell’acqua che scende dal cielo o che sale dal mare insieme alla brezza. Ogni tiro è differente, servono fantasia e coraggio, è una battaglia dove il nemico appare all’improvviso. Le dune nascondono i green, i bunker sono profondi e traditori, un giorno la quiete illude i mediocri di essere campioni, il giorno dopo la bufera ristabilisce i meriti e chiama i migliori alla prova. Non si vince per caso sui links dell’Open. Chiedete a Francesco Molinari. Nella storia dei 4 Majors c’è un solo nome italiano ed è quello di Chicco a Carnoustie nel 2018. Ci era andato vicino Costantino Rocca nel 1995 a St.Andrews, battuto solo allo spareggio da John Daly. Invece Molinari nel campo forse più difficile di tutti ha allargato i confini del golf azzurro: tre colpi di svantaggio su un terzetto di americani all’alba dell’ultimo giorno, Tiger Woods come compagno di gioco della domenica, niente faceva sperare nell’impresa. Ma Francesco con un giro finale in 69 colpi ha messo tutti dietro di sé. I più vicini a lui sono stati Justin Rose, Rory McIlroy, Kevin Kisner e Xander Schauffele due colpi più indietro.

sipario—  

TheOpen è uno spettacolo che si ripete ogni anno da più di un secolo e mezzo, da qualche tempo – cioè da quando il Pga Championship è stato spostato in primavera – è l’ultimo Major della stagione. Il sipario sui quattro grandi tornei, quelli che fanno davvero la differenza nella vita di un campione. Quando TheOpen chiude le luci, bisogna aspettare fino ad aprile per quello dopo ed è evidente che anche per questo motivo l’appuntamento è stracarico di tensioni e aspettative. Chi vince è chiamato Champion Golfer of The Year, cioè il migliore dell’anno, nessuno nemmeno in America si sogna di contestare questo titolo, anche perché da qualche anno vincono quasi solo americani. Il campione in carica è Xander Schauffele, l’ultimo europeo a baciare la Claret Jug è stato Shane Lowry, irlandese. Era il 2019, si giocava a Portrush, proprio come oggi. E questo è anche anno di Ryder Cup, avere uno di noi come Champion Golfer of The Year potrebbe mettere un po’ di paura agli americani. Speriamo…