L’Extremely Large Telescope sorgerà nel deserto di Atacama in Cile. Un progetto da 1,5 miliardi di dollari per arrivare a una nuova «conoscenza astronomica scrutando dal cuore della Via Lattea alle profondità cosmiche finora mai indagate»
Il più grande telescopio del mondo sta conquistando due importanti tappe della sua costruzione. Realizzato nel deserto di Atacama, nella zona di Armazones in Cile, dagli astronomi europei riuniti nell’Eso (European Southern Observatory), stanno per essere completati la cupola e il secondo dei cinque specchi di cui è dotato. Battezzato Elt (Extremely Large Telescope) è una grande impresa della scienza e dell’ingegneria concepita per far compiere un balzo nell’osservazione celeste. «Abbiamo completato oltre il 65 per cento dell’opera. La cupola si sta chiudendo e procediamo per vedere la prima luce nel 2029», precisa Roberto Tamai, Programme Manager del progetto in Eso. É una sfida complessa e anche gli Stati Uniti sono impegnati su questa frontiera con il progetto Tmt (Thirty Meter Telescope), che ha un diametro però inferiore: 30 metri. Il piano è tuttavia ancora ostacolato da dispute locali per il territorio in cui dovrebbe sorgere alle Hawaii.
Ogni aspetto di Elt è al limite delle facoltà ingegneristiche per quanto riguarda i telescopi terrestri. Basti pensare al grande specchio primario che ha un diametro appunto di 39 metri ed è costituito da 798 specchi esagonali minori di 1,5 metri di diametro. Inoltre, bisogna tener conto che sorge in uno degli ambienti più secchi e desertici della Terra ad una quota di 3.060 metri con notevoli escursioni termiche da annullare negli effetti di tutti gli impianti. Ma il luogo è ideale per scrutare gli astri.
La costruzione è frutto del consorzio italiano Ace che ha vinto la gara di 400 milioni di euro. Guidato da Cimolai di Pordenone ne fa parte Webuild Group realizzando sia la struttura del telescopio che la grande cupola; una gigantesca architettura di 93 metri di diametro e alta 80 metri. «Alla fase iniziale di pre-progettazione e della formazione del consorzio aveva contribuito il Gruppo Eie che poi è uscito dal progetto – precisa Tamai –. Ma numerose sono le aziende italiane coinvolte nei vari aspetti della cupola e degli impianti, alcuni estremamente sofisticati».
All’intera impresa del costo complessivo di 1,5 miliardi di euro partecipano svariate società delle 16 nazioni europee che formano l’Eso («sono stati assegnati circa mille contratti industriali», sottolinea Tamai), assieme alle istituzioni astronomiche come l’Istituto nazionale di astrofisica italiano Inaf e a numerose università. Al di là della tecnologia ci sono gli obiettivi scientifici da raggiungere il primo dei quali, almeno per le suggestioni che offrirà, sarà la possibilità di fotografare per la prima volta un esopianeta attorno ad un’altra stella della nostra galassia. «Oltre gli esopianeti, però, – spiega Tamai – apriremo finestre nuove nella conoscenza astronomica scrutando dal cuore della Via Lattea alle profondità cosmiche finora mai indagate. Ma sappiamo che le scoperte forse più clamorose potrebbero arrivare da ciò che non abbiamo previsto».
Per raggiungere gli ardui obiettivi entra in gioco la complessità del telescopio legata in particolare ai cinque specchi di cui è fornito e agli strumenti scientifici che attraverso la luce raccolta (otto milioni di volte maggiore di quella del telescopio di Galileo) “racconteranno” nuove scoperte. L’altra tappa ora nella fase conclusiva riguarda lo specchio secondario con una struttura convessa di quattro metri di diametro che sarà spedito in Cile entro l’anno.
Tra gli specchi di cui sarà dotato Elt il quarto (noto come Morfeo) che coinvolge l’Inaf è integrato con un sistema di ottica adattiva la cui tecnologia, particolarmente evoluta nel nostro paese, e sviluppata dal consorzio Adoptica formato dalle società italiane Ads International di Como e Microgate di Bolzano. Sotto lo specchio di 2,4 metri c’è un sistema formato da 5500 attuatori; in pratica dei pistoncini che modificano la superficie dello specchio per correggere le anomalie generate dalla turbolenza atmosferica.
«Tra gli elementi che hanno presentato difficoltà – conclude il Programme Manager di Elt – c’è la costruzione del quinto specchio ellittico in silicio-carbonio con sei petali, leggero ma rigido. In realtà la perfezione richiesta dall’intero osservatorio è una magnifica e continua sfida. Ma quando nel 2030 potranno iniziare le osservazioni degli scienziati saremo tutti ripagati dagli sforzi oggi richiesti».
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4 settembre 2025
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