Per ammirare La David, l’ultima opera di Jago al Teatro Antico di Taormina, bisogna salire fino in cima alle tribune del Teatro greco-romano, percorrendolo interamente. È il pezzo centrale della mostra personale Gesti scolpiti, visitabile fino al 3 maggio 2026, dove sono esposte trovano posto anche tre opere in marmo — Impronta Animale (2012), Memoria (2015) e Prigione (2016) — che dialogano con i reperti archeologici in un intreccio tra storia e contemporaneità.

L’opera, in bronzo dorato e alta quasi due metri, si staglia sullo sfondo del mar Ionio e dell’Etna come se fosse sempre appartenuta a quel paesaggio millenario.

Jacopo Cardillo, in arte Jago, indossa un total black essenziale; al polso sinistro, accanto alla fede, porta un orologio dorato con cinturino anch’esso nero. Sorride, poi lascia cadere una frase, di quelle che non passano inosservate:  «Sto scolpendo il ritratto di Whoopi Goldberg. Sarà un lavoro molto lungo, che credo richiederà anni».

L’intervista a Jago

Perché proprio lei?
«Con Whoopi Goldberg ci siamo riconosciuti. Abbiamo in comune la fortuna di essere circondati da persone migliori di noi. Con lei è nato un dialogo vero, che mi ha portato a pensare a un ritratto. Non sarà un ritratto tradizionale: lei interpreta se stessa, ma attraverso un racconto mitologico».

Di che materiale sarà?
«Marmo. È un’opera complessa. Non so ancora dire quando sarà svelata: stiamo valutando i musei più adatti ad accoglierla. Ma non la mostrerò finché non sarà esposta pubblicamente. Questa volta il making of non verrà svelato fino alla fine».

Le istituzioni museali che ricercate saranno italiane o di altre parti del mondo?
«Ovunque. Il luogo partecipa sempre al racconto dell’opera, non è mai solo un contenitore asettico. Da una parte serve il coraggio di chi gestisce, che diventa parte attiva dell’operazione. Dall’altra va valutata la caratteristica dell’istituzione: se non si addice, o se l’opera non è adatta a quel contesto, bisogna avere il coraggio di dire che non è la scelta giusta».

È stata Whoopi Goldberg a chiedere di essere rappresentata come figura mitologica? Oppure è stato lei a proporlo?
«Ho iniziato il suo ritratto a New York. E cos’è un ritratto? Per farlo davvero devi conoscere la persona. Altrimenti rischi di costruire solo un’immagine superficiale, inserendo elementi tuoi per riempire i vuoti. Ho dovuto approfondire attraverso conversazioni, scambi, amicizia, per capire come tradurre e sintetizzare in un’immagine la sua storia. È nata così un’idea, che ho condiviso e che lei ha accolto con entusiasmo. Durante le fasi del ritratto mi ha detto: “Per la prima volta mi vedo realmente per quello che sono”. Siamo abituati a vedere la nostra immagine fotografica, riflessa. Ma quando ti vedi attraverso il filtro emotivo di un altro, la tua immagine cambia, diventa qualcos’altro. Ci si riconosce in un modo nuovo. Forse, stavolta, non è lei che interpreta il personaggio, ma il personaggio che interpreta lei. Lo capiremo quando l’opera sarà svelata, e sarà Whoopi Goldberg stessa a parlarne».