Un attimo prima la corsia era vuota, un attimo dopo il piede affondava sul freno: qualcosa di irripetibile stava passando davanti. Una Lamborghini Sesto Elemento, nel caso del content creator che, vedendo quella da lui definita il suo “Santo Graal” a quattro ruote, ha deciso di condividere l’improvvisa apparizione sui social.

E come dargli torto? Non capita certo ogni giorno di incrociare un’auto di fatto fantasma per i comuni mortali. La Sesto Elemento è più leggenda che macchina, più esperimento folle che supercar convenzionale, e soprattutto è rarissima, infatti la Casa emiliana ne ha prodotte solo dieci, e giusto due hanno avuto l’omologazione per circolare su strada.

Laboratorio su ruote

La Sesto Elemento è un banco di prova estremo su cosa significhi portare al limite la filosofia del “meno peso, più velocità” e il nome, “sesto elemento”, si riferisce al carbonio nella tavola periodica, appropriato visto che telaio, carrozzeria e interni sono in fibra di carbonio pura, per una massa complessiva di appena 999 kg, meno di una Mazda Miata, ma con una potenza che la giapponesina può a malapena fantasticare.

Abbinato al peso piuma, un V10 aspirato da 5.2 litri da 570 CV permette di trasformare il mondo intorno in un filmato accelerato, coprendo lo “0-100” in 2,5 secondi e di toccare una velocità massima di 221 miglia orarie, ovvero 355 km/h, gli stessi livelli della Revuelto Opera Unica e appena sotto la Fenomeno.

Via tutto il superfluo

E, cosa più affascinante e quasi brutale, la Sesto Elemento è stata spogliata di tutto il superfluo: niente cruscotto tradizionale, aria condizionata, infotainment, sedili nel senso comune del termine. Ci sono comandi minimi, direttamente sul volante, e superfici nude, essenziali, quasi a dirti: “Vuoi comodità? Vai a comprare una berlina. Io sono nata per il tempo sul giro, non per altro”.

Eppure è proprio la ferocia a renderla irresistibile, incarnando il DNA di Lamborghini a nudo, estremo nelle prestazioni e nella filosofia progettuale, il concetto stesso di supercar portato all’eccesso, come se un ingegnere “quasi folle” avesse preso carta e penna e avesse scritto: “E se togliessimo tutto, ma proprio tutto, e lasciassimo solo ciò che serve per andare più veloce di chiunque altro?”.

Un avvistamento da celebrare

Torniamo quindi a chi ha avuto la fortuna di incontrarla per strada. Fermarsi di colpo davanti a una Sesto Elemento è come se il cervello, in una frazione di secondo, riconoscesse che davanti a sé non c’è un’auto ma un bolide leggendario, una di quelle storie ai limiti dell’improbabile (o forse sarebbe corretto dire “impossibile”) da raccontare mille volte al bar, ma alla quale senza prove nessuno crederà davvero.

Dei dieci esemplari complessivi, otto sono destinati esclusivamente alla pista e appena due “liberati” per girare su strada, perciò imbattersi in lei equivale un po’ a trovare un unicorno parcheggiato davanti a un supermercato: ti fermi e ti assicuri di non essere impazzito. Il fortunato ha potuto mettere gli occhi su un pezzo introvabile, gli altri dovranno accontentarsi di un miraggio, un bolide nero e affilato, promemoria del motivo per cui, da bambini, ci innamoriamo delle macchine da sogno.