Rubens Barrichello, lei ha fatto parte della Ferrari più forte di sempre e ha vinto tre volte a Monza: cosa significa questo circuito per un pilota Ferrari?
«Il massimo, più di Interlagos per un brasiliano. È impressionante vedere la gente, i bambini vestiti di rosso, un momento di puro amore. Serve amore per vincere».
Perché alla Rossa non riesce da 18 anni?
«Non conosco la squadra di oggi, non sopporto chi dà giudizi senza sapere. So com’era la mia: andavo in galleria del vento, chiedevo una cosa e la ottenevo, quindi arrivava Schumi e confermava. C’erano una chimica, una complicità straordinarie. Amore, appunto».
Si può ricostruire tutto questo con Hamilton e Leclerc?
«Se Lewis ritrova la fiducia in se stesso secondo me ci si arriverà, anche Leclerc è bravissimo, ma non dimenticate che qualche anno fa la McLaren a Melbourne era ultima. Ci vuole tempo».
Si aspettava le difficoltà di Lewis?
«C’è tanta pressione, con i social è anche peggio. Grandissimo pilota, non ha dimenticato come si guida. Mi fa venire in mente l’ufficio di Enzo Ferrari a Fiorano».
Prego?
«Io ci ho dormito un mese di fila. Una volta, dopo diversi giorni di prove, stavo andando a casa ed è arrivato Ross (Brawn, ndr) a dirmi “ho una notizia buona e una un po’ meno”. Voleva che mi fermassi ancora, ma poi mi avrebbe portato a mangiare la migliore fiorentina della mia vita. Vicino a Scandicci, dove abitavo, quando posso ci torno».
In che rapporti è rimasto con la famiglia di Schumacher?
«Ogni tanto vedo la moglie Corinna, più spesso il figlio Mick. Mi abbraccia sempre. Ha molto rispetto per quello che abbiamo fatto io e il suo papà».
Il suo ricordo più bello di Monza?
«Il 2004, quel giorno mi sono detto “oggi vinco io”. E ho tirato come un pazzo, anche dopo il pit-stop con 20 secondi di vantaggio su Michael, la radio non funzionava poi Ross mi ha tranquillizzato».
Da avversario?
«La vittoria con la Brawn Gp nel 2009. Ero vestito di bianco eppure i tifosi urlavano anche il mio nome».
Lei corre e vince ancora a 53 anni, cosa la spinge in pista?
«Mi sento come un bambino a parte i dolori lombari. Ho vinto il campionato brasiliano Nascar, prima due titoli in Stock car. Finché reggo…».
Passione trasmessa ai figli.
«La mia ex moglie (Silvana, ndr) crede che abbia fatto loro il lavaggio del cervello ma amano questo sport più di me. Quando Eduardo era mio compagno di squadra in Stock car ho dovuto fare parecchio lavoro mentale, non è facile stare tranquillo se vedi qualcuno dargli una sportellata».
Fernando, 20 anni fra una settimana, questo weekend debutta in F3 proprio a Monza.
«E non dormirò per seguirli: io sono in gara a Cascavel, Edoardo nel Wec ad Austin e lui in Italia. Abbiamo un sogno».
Quale?
«Correre insieme la 24 Ore di Le Mans, prima o poi ci riusciremo. Magari con la Ferrari…».
Lei poteva vincere il titolo sia alla Ferrari sia alla Brawn Gp: rimpianti?
«Guardi, siamo tutti uguali: si nasce, si vive, a un certo punto dobbiamo andarcene. Di là non si porta nulla: né trofei, né medaglie. Sono molto orgoglioso di quel bambino di San Paolo che non aveva chance di arrivare in F1 ma ce l’ha fatta. E guidava bene».
Le piace Antonelli?
«Dai giovani c’è da imparare, hanno una mentalità che noi 30 anni fa non avevamo. Kimi è più che buono, può essere un fenomeno, uno che speriamo diventerà un campione, ma ci vuole calma per non mettergli pressione».
Chi vince tra Piastri e Norris?
«Li conosco e li apprezzo, spero che arrivino a giocarsi il titolo all’ultima gara».