Il consiglio dei ministri di ieri ha approvato il disegno di legge delega che prevede uno «scudo penale» per il personale sanitario. Dopo l’approvazione dell’aula e l’emanazione dei decreti attuativi, nel corso della loro attività gli operatori saranno passibili di procedimenti penali solo in caso di colpa «grave» quando le «linee guida» e le «buone pratiche clinico-assistenziali» sono state rispettate.
Nella valutazione del grado di responsabilità del medico o dell’infermiere si terrà conto anche «della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative».
Il provvedimento era atteso dalle associazioni dei medici che si ritengono vittime di un eccessivo numero di cause intentate dai pazienti. Il 97% di esse viene archiviato ma rappresenta comunque uno spreco di risorse. Da un lato, obbliga i medici a costose coperture assicurative e legali. E inoltre, alimenta la «medicina difensiva», cioè la prescrizione di esami inutili per dimostrare al paziente che ogni possibilità diagnostica è stata presa in considerazione. Secondo le stime, il costo supera i dieci miliardi di euro.
Il governo aveva discusso il dl all’inizio di agosto ma aveva rinviato ogni decisione per le diverse visioni emerse tra i ministri della Salute e della Giustizia, con il primo più favorevole ad ampliare le tutele per il personale. La soluzione è un compromesso. Lo scudo copre tutte le attività sanitarie e non solo i casi di «speciale difficoltà». Ma nella delega non è specificato cosa si intenda per «colpa grave».
«Circoscrivere, come stiamo facendo, la responsabilità penale dei sanitari, non significa affatto favorirne l’impunità» hanno detto all’uscita del cdm i ministri Schillaci e Nordio. «Significa invece porre i medici in condizione di operare con maggiore serenità». L’Ordine dei medici in una nota del presidente Filippo Anelli parla di un «provvedimento auspicato» che «non mette a rischio i risarcimenti dei cittadini per gli eventi avversi, da ottenersi in sede civile».
Meno soddisfatti gli ospedalieri del sindacato Cimo-Fesmed: la scarsa chiarezza sulla «colpa grave» chiamerà in causa il giudice di volta in volta. Il rischio, secondo il segretario Guido Quici, è che «nel concreto, in caso di contenzioso per i medici non cambi nulla: il medico dovrà comunque affrontare un processo e il giudice dovrà stabilire se una certa condotta colposa ha il carattere della gravità».
Per voce della capogruppo di Avs alla Camera Luana Zanella l’opposizione critica il riferimento alla scarsità di risorse: «È un modo per legittimare lo stato di abbandono della sanità pubblica contro il quale il governo non vuole investire neanche un euro».