Un film che riparte dal lutto e raccoglie i pezzi di un percorso di vita e cinema. Uno straziante esame di coscienza VENEZIA82. Fuori concorso
—————————-
LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO di SENTIERI SELVAGGI
Quando Ross McElwee si rende conto che i suoi familiari non amano più essere ripresi, è come se si aprisse una crepa improvvisa. Destinata a squarciare la sua vita e il suo cinema, profondamente intrecciati in una pratica documentaristica in cui la dimensione intima e privata è sempre stata la prospettiva da cui allargare lo sguardo sul mondo. E non è un caso che nell’arco narrativo di Remake, dopo le tenere immagini iniziali del passato, la crisi, il lutto della felicità, si annunci proprio con la constatazione di questa ritrosia a stare davanti all’obiettivo della macchina da presa. Innanzitutto da parte della moglie e, a seguire, da parte dei figli ormai adolescenti. Sempre più a disagio con l’idea di mostrarsi e di rimanere ingabbiati nei limiti di un’inquadratura. Da quel momento in poi, tutto va a rotoli. La separazione con la moglie, la solitudine, un tumore al cervello da affrontare. E, ancor più doloroso di ogni altra cosa, il tormento del figlio Adam, alle prese con le droghe, l’alcool e una profonda sofferenza.
Il volto di Adam è più che familiare per chi conosce il cinema di Ross McElwee. Ne abbiamo visto la nascita in Time Indefinite, lo abbiamo ritrovato cresciuto ai tempi di In Paraguay, film incentrato sul complicato percorso di adozione della seconda figlia Mariah. Fino agli oscuri sbandamenti di Photographic Memory, presentato nel 2011 proprio alla Mostra del Cinema di Venezia, ultimo tassello fino a oggi della filmografia di McElwee. Ben 14 anni di silenzio, in cui le cose della vita, gli accadimenti, hanno preso il sopravvento sul lavoro, sui progetti, su quella specie di spazio incantato in cui il mondo ripreso coincideva con l’universo degli affetti e dei sentimenti. “Tutto comincia e finisce in famiglia”, era solita dire la nonna del regista. Ma cosa accade quando la famiglia va in pezzi?
—————————————————————–
CERCHI UNA BORSA DI STUDIO IN CINEMA?? Invia un video o un soggetto e vinci fino a 2.000€ da utilizzare in Filmmaking, Postproduzione e Sceneggiatura
Remake riparte proprio da questi pezzi. In primo luogo, dal dolore infinito per la morte di Adam, scomparso sette anni fa per un’overdose di fentanyl. Nel tentativo non tanto di raccontare l’elaborazione di un lutto, di una ferita in ogni caso non rimarginabile, quanto di testimoniare un sofferto, lacerante esame di coscienza. Del resto, il titolo Remake fa riferimento a una delle tracce del film, il progetto di una nuova versione in chiave fiction di Sherman’s March, il cult del 1985 che ha di fatto dato slancio alla carriera di McElwee. Ma indica ancor più questa necessità di riattraversare i fili del passato, di ripensare un intero percorso di vita e di lavoro. Perché McElwee, nel confessare la sua rabbia impotente per le tante cose accadute in questi anni e, soprattutto, per la sua incapacità di comprendere fino in fondo la fragilità e le difficoltà psicologiche del figlio, è costretto a rimettersi in discussione non solo come padre, ma anche come regista. Tormentato dal dubbio che quella sua ricerca ossessiva di un cinema personale, vissuto “con” e “attraverso” le persone più care, abbia potuto contribuire alle inquietudini di Adam e al disastro. Ed è un dubbio assolutamente legittimo, che attanaglia anche noi spettatori, presi più volte dal disagio di dover fare i conti con questo bisogno insopprimibile di guardare e riprendere. E con i suoi eccessi patologici, per certi aspetti ridicoli o mostruosi. Come diventa palese nel rapporto “impari” con la nuova compagna di McElwee, che rifiuta di farsi inquadrare in viso, eppure non si fa scrupolo di riprendere le proprie nozze. O come sottolinea, a modo suo, Charleen Swansea, una delle vecchie amiche del regista, tra le protagoniste di Sherman’s March, ormai incapace di trattenere la memoria delle cose. Quella macchina da presa, per lei, è un oggetto orribile, brutto, sbagliato. E non può venirne fuori nulla di buona.
—————————————————————–
SCUOLA DI CINEMA SENTIERI SELVAGGI, scarica la Guida della Triennale 2025/2026
Alla fine l’urgenza delle domande rimane intatta. Sino a che punto è possibile spingersi, senza invadere lo spazio sacro dell’altro? E come sapere quando fermarsi, come ripensare il proprio sguardo quando viene messo in discussione dalle fondamenta? E cos’è un’immagine? Una traccia preziosissima di memoria, ovvio. McElwee lo sa. Ma confessa anche il timore che quella realtà inquadrata sia semplicemente condannata a diventare altro. Che Adam possa diventare sempre più, giorno dopo giorno, un fantasma intrappolato in un’inquadratura. O un personaggio di fantasia, mai esistito.
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
Il voto dei lettori
0
(0 voti)
—————————-
BORSE DI STUDIO per LAUREATI DAMS e Università similari per la Scuola di Cinema Sentieri selvaggi

—————————-



