Nell’affrontare questa storia, “oltre alla vastità di documenti che abbiamo letto, ti colpisce, un peccato originale, il fatto che ci fosse una tesi di fondo, come se la verità sia stata piegata ai fini della dimostrazione della tesi”. Così “abbiamo capito che l’unico modo fare chiarezza sarebbe stato ricominciare dall’inizio”. Lo spiega Stefano Sollima regista, cocreatore (con Leonardo Fasoli) e coproduttore della serie Netflix Il Mostro, sulle prime fasi delle indagini dedicate al Mostro di Firenze, e in particolare alla ‘pista sarda’ esplorata prima che entrassero nell’inchiesta Pacciani e i ‘compagni di merende’. Il racconto, in quattro puntate, con un cast che comprende Marco Bullitta, Valentino Mannias, Francesca Olia, Liliana Bottone, Giacomo Fadda, Antonio Tintis e Giordano Mannu, arriverà sulla piattaforma dal 22 ottobre, in concomitanza con il 10/o anniversario dell’arrivo di Netflix in Italia.

“Pensavamo fosse necessario riraccontare la storia del Mostro e per fortuna c’è venuta un’idea che ci ha guidato – aggiunge il regista, che ha firmato serie come Romanzo Criminale e Gomorra e film come Acab, Suburra, Adagio – non tanto fare la caccia al mostro ma dedicare un episodio monografico a ognuno dei sospetti. Una cosa che permetteva di non sposare una tesi ma raccontarle tutte, esplorando la storia così come è successa”. Così, torniamo a quegli otto duplici omicidi avvenuti in 17 anni, dal 1968 al 1985, sempre con la stessa arma, una Beretta calibro 22. Il punto focale nella serie (prodotta da The Apartment, società del gruppo Fremantle e AlterEgo) è Barbara Locci (Francesca Olia), prima vittima insieme a Antonio Lo Bianco il 21 agosto 1968; in macchina con loro c’era il figlio della donna, allora bambino, Natalino Mele unico sopravvissuto in questa spirale di delitti. Di Barbara Locci scopriamo i legami intessuti e gli abusi subiti negli anni precedenti, che coinvolgono a vario titolo il marito Stefano Mele, ma anche Francesco e Salvatore Vinci, Giovanni Mele: tutti nomi diventati sospetti nei faldoni dell’inchiesta, fra vendette, perversioni più o meno represse, bugie, depistaggi, altri crimini e omicidi, un concetto delirante di difesa dell’onore. “Descriviamo mondi molto comuni in quel momento storico, il bersaglio principale di questi delitti, per violenza, è sempre la donna- osserva Fasoli – gli uomini venivano uccisi più perché erano lì di ostacolo e poi tutti i sospetti abusavano delle donne. Il filo comune era una forte componente di cultura patriarcale e maschilista, nella quale una donna che non corrispondeva ai propri canoni di come dovesse essere, veniva vista come deviante e da rendere vittima. Nel Mostro questo veniva portato al livello più elevato ma anche gli altri sospetti agivano in maniera mostruosa. Questo ci colpiva perché pur essendo una storia di tanto tempo fa, leggendo oggi quasi ogni giorno di una donna uccisa, ci rendiamo conto di quanto quella cultura sia ancora in mezzo a noi in qualche modo”.

Secondo Francesca Olia “è stata un’opportunità gigantesca per tutti noi del cast recitare in questa serie. Io preparando questo personaggio ho sentito un’enorme responsabilità. La difficoltà più grande è stata raccontare una donna su cui non si hanno grandissime informazioni. Ci voleva tanta sensibilità e l’aiuto di Stefano è stato fondamentale, spero di averla resa con il massimo rispetto”. Scegliere cosa mostrare dei vari delitti “è stato oggetto di dibattito fra noi – spiega Sollima -. Non puoi sottrarti a raccontare l’orrore ma non va fatto diventare sensazionalistico. Nonostante il genere di crime thriller non ti puoi permettere di spingerti oltre. Alla fine vai d’istinto: io sul set mi ritrovavo sempre ad adottare una forma di distanza, anche come forma di rispetto alle vittime. Mostriamo solo quello che è necessario, non un fotogramma di più”. Per Tinny Andreatta, Vice president content Italy di Netflix lo sguardo di Sollima e Fasoli sui delitti legati al Mostro di Firenze è “sconvolgente, modernissimo e necessario. Il Mostro non è solo un viaggio nel passato. È una storia che ci parla di oggi”, visto che viviamo “in un momento in cui i femminicidi e la violenza contro le donne restano tra i temi più urgenti e discussi in Italia”.

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