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È una selezione all’insegna della musica quella di Venezia 82 fuori concorso. Tanti i personaggi della musica italiana raccontati, partendo da Francesco De Gregori fino a Piero Pelù. Nel mezzo, però, si inserisce un documentario intitolato “Nino.18 giorni” che esplora, con un ritratto intimo e inedito, la figura del cantautore napoletano.

APPROFONDIMENTI


Nel penultimo giorno di Festival, nella fase conclusiva della competizione, arriva un progetto fuori concorso in una sezione che, storicamente, presenta documentari in grado di fornire una visione inedita di personaggi noti e innovativi del mondo della musica o, più in generale, dell’intrattenimento. Diretto dal figlio Toni, “Nino. 18 giorni” arriverà in cinema selezionati dal 20 novembre dando la possibilità al pubblico di conoscere un lato nuovo e mai visto del cantautore.

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Di cosa parla il documentario su Nino D’Angelo

L’intero film passa per i grandi cambiamenti della vita di Nino D’Angelo, ripercorrendo i posti che, in qualche modo, lo hanno visto crescere e diventare uomo: da San Pietro a Patierno fino a Casoria, luogo dove ha iniziato a costruire sia la sua vita  personale che artistica.

L’evento scatenante che fa partire la narrazione, sono i 18 giorni in cui Nino si trovava a Palermo per andare in scena con la sceneggiata che lo ha lanciato definitivamente.

In quelle ore nasceva anche il figlio Toni e la distanza portò ad un ritardo di 18 giorni nella loro conoscenza. Il modo in cui il regista segue il cantautore nel suo tour “I miei meravigliosi anni ’80”, diventa un modo per recuperare quei 18 giorni di lontananza e conoscere aspetti del padre che neanche lui era mai riuscito a comprendere a pieno.

La conferenza stampa di Nino. 18 giorni: «Mio padre ha vissuto due vite»

Al via la conferenza stampa di “Nino. 18 giorni”, alla presenza del cantautore, il regista e i produttori. «Mio padre ha avuto due vite: quella di Gaetano e poi c’è Nino D’Angelo – ha detto il regista – È stato importante che facessi questo film perché ci voleva che qualcuno affrontasse il personaggio con superficialità. Da figlio volevo farlo» ha chiarito. «Era importante che non ci si limitasse a Napoli, camorra ed anni ’80 (…) Ho sentito l’esigenza di raccontarlo anche per raccontare me stesso, mi ha insegnato tanto anche stando in silenzio» ha aggiunto.

«È difficile raccontarmi, l’ho fatto nel teatro e in tutto. Sono stato un uomo fortunato, ho avuto quello che non tutti riescono. Voglio dare la voce a qualcuno che non c’è l’ha. Voglio che l’uguaglianza sia qualcosa di vero. (…) I miei figli sono nati borghesi, hanno potuto studiare. Io no, non ho avuto nulla e ho dovuto aiutare mio padre» ha spiegato Nino D’Angelo. «Oggi sono a Venezia e da ragazzo non riuscivo neanche ad arrivarci. Stanno proiettando un film sulla mia vita girato da mio figlio. Sono contento per me, per lui e per le tante persone che vedendo questo film possono capire che potrebbero farcela – ha detto – Il talento o lo hai o non ce lo hai».

Venezia 82, Nino D’Angelo: «Napoli è cambiata, finalmente è arrivata la verità»

«Napoli è cambiato molto. Non so quanti turisti ci sono al giorno. Finalmente è arrivata la verità. I napoletani sono quelli che vede oggi. Dobbiamo complimentarci con i giovani che hanno imparato un mestiere e sono tornati. Ci sono poche persone al mondo che amano la propria città come i napoletani» ha detto, rispondendo ad una domanda riguardo il cambio di prospettiva rispetto alla città. «Il film è molto umano – ha chiarito – c’è tanta verità. Vederlo è molto più emozionante e mi ha dato modo di conoscere meglio mio figlio (…) Ho conosciuto come mio figlio soffrisse per essere mio figlio, ma se c’è talento non te lo toglie nessuno. Il film rispetta molto quello che sono e più di un figlio nessuno può raccontarlo» ha detto. «Il premio più bello me l’ha fatto la vita: avere mio figlio che ha realizzato un film su di me».

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«A Napoli si continuano a produrre i talenti – spiega il produttore Luciano Stella – ti apre l’opportunità di avere punti di riferimento da dove iniziale. La regione Campania, proporzionalmente, l’area che sostiene di più ciò che arriva dal suo territorio».