La protesta degli attivisti No Cpr col cavallo azzurro Marco Cavallo, simbolo della battaglia per la salute mentale portata avanti da Franco Basaglia

La protesta degli attivisti No Cpr col cavallo azzurro Marco Cavallo, simbolo della battaglia per la salute mentale portata avanti da Franco Basaglia – Web

Un viaggio nei Centri di permanenza per il rimpatrio per verificare le condizioni di vita all’interno delle strutture. A compierlo Marco Cavallo, il cavallo di legno di colore azzurro simbolo della rivoluzione di Franco Basaglia. Dopo aver attraversato l’Italia per denunciare l’inumanità degli ospedali psichiatrici giudiziari, ha intrapreso un nuovo viaggio per chiedere la chiusura dei Cpr, identificati come istituzioni totali, al pari dei vecchi manicomi.

L’iniziativa ha preso il via venerdì pomeriggio nel giorno in cui una sentenza della Cassazione ha contestato le norme introdotte dal governo Meloni con il decreto legge sulle “disposizioni urgenti per il contrasto all’immigrazione clandestina”. In caso di mancata convalida del trattenimento in un Cpr, sottolinea la sentenza, il richiedente asilo deve essere subito liberato e non può rimanere trattenuto nel centro fino ad un massimo di 48 ore come prevede il decreto. A rivolgersi alla Cassazione il legale di un migrante senegalese che era stato portato nel Cpr di Gjader in Albania e poi, una volta non convalidato il trattenimento, trasferito nel Centro di Bari e lì trattenuto due giorni, determinando una «evidente lesione del bene primario della libertà personale». La Cassazione contesta la violazione di sei articoli della Costituzione e sottopone la norma all’attenzione della Consulta.

La storia di Marco Cavallo inizia il 21 gennaio 1973 quando un inedito corteo scese dalla collina di San Giovanni -dove aveva sede il manicomio- diretto verso il centro di Trieste. A guidarlo era una creatura azzurra di legno e cartapesta alta quattro metri, seguito dai pazienti che lo avevano costruito. Quel momento è diventato il simbolo della lotta contro l’internamento psichiatrico, contribuendo alla riforma che ha portato alla chiusura dei manicomi.

«Quel corteo è stato un modo per affermare il diritto di cittadinanza dei “matti”», ricorda Carla Ferrari Aggradi, psichiatra e psicoterapeuta, presidente Forum Salute Mentale. Da più di cinquant’anni, Marco Cavallo è simbolo di libertà e di impegno per il rispetto dei diritti. Il viaggio nei Cpr è stato presentato ieri e parte da Gradisca d’Isonzo (Go). Nelle prossime settimane farà sosta davanti ai Cpr di Milano, Roma, Palazzo San Gervasio (Pz), Brindisi e infine Bari (10 ottobre). Ogni tappa verrà animata da letture, spettacoli teatrali e altre iniziative pubbliche promosse dalle associazioni attive sui territori. Inoltre, sono previste visite di parlamentari all’interno dei Cpr grazie al coordinamento del Tavolo asilo.

Il progetto è nato su iniziativa del Forum salute mentale insieme a una vasta rete di associazioni, realtà culturali, associative e del volontariato: da Msf a Libera, da Articolo 21 all’Asgi. «Sono due le ragioni principali che hanno mosso questa iniziativa – continua Ferrari Aggradi -. La prima è il fatto che i Cpr sono l’emblema dell’ingiustizia sociale del nostro tempo. Luoghi in cui le persone vengono rinchiuse senza colpe, per aver commesso una violazione amministrativa. Spesso non sanno nemmeno il perché, né quando usciranno». La seconda motivazione è legata all’abuso e all’uso improprio che si fa degli psicofarmaci nei Cpr: i quali, da strumento di cura, diventano un mezzo per sedare e controllare il comportamento delle persone. Diverse associazioni e inchieste giornalistiche hanno denunciato l’uso massiccio di questi medicinali proprio con l’obiettivo di sedare le persone rinchiuse nei Cpr, evitando così problemi nella gestione e rivolte. Lo ha fatto, ad esempio, l’associazione milanese Naga con un report pubblicato nel 2023 in cui parla di progressiva “zombizzazione” dei detenuti.

Nicola Cocco, infettivologo penitenziario che fa parte della rete “Mai più lager. No ai Cpr” e della società italiana di medicina delle migrazioni, parla di una «deriva manicomiale nei luoghi di detenzione amministrativa dei migranti». Le persone trattenute nei Cpr vivono in condizioni degradate anche dal punto di vista igienico e sanitario. Tutto questo, spiega Cocco, causa una sofferenza profonda che si riflette sulla salute mentale. «Le persone con problemi di salute mentale nei Cpr sono sempre più numerose». E se da un lato c’è chi si ammala durante il trattenimento, c’è anche chi ha già problemi di salute mentale, eppure viene ugualmente costretto a varcare le soglie del Cpr, sebbene la normativa lo vieti.

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