Una veduta aerea del Pentagono, sede del Dipartimento della Difesa: diventerà “Dipartimento della Guerra” – Reuters
Ritorno al futuro. Il presidente americano Donald Trump ha firmato l’ordine esecutivo che camba il nome del dipartimento della Difesa in dipartimento della Guerra. Come si era chiamato dal 1798 al 1947. Il cambio di nome, dopo le atrocità della Seconda guerra mondiale culminate con le atomiche su Hiroshima e Nagasaki, intendeva inaugurare un’epoca di pace nella quale le controversie internazionali si sarebbero risolte diplomaticamente grazie anche alle Nazioni Unite. A quel punto, la capacità bellica del Paese più potente, e nucleare, veniva giustificata a scopo difensivo.
Altri tempi, altre priorità. Ma soprattutto, altri presidenti. Con la storia che rischia tragicamente di ripetersi. Nella bozza dell’ordine esecutivo che Trump ha firmato è inclusa l’autorizzazione al capo del Pentagono Pete Hegseth a diventare Segretario di guerra. Gli viene anche chiesto di proporre una legge che renda permanente il cambio di denominazione, che andrà approvato dal Congresso.
Il testo dell’ordine esecutivo, visionato dalla Bbc, motiva così la decisione di Trump: «Il nome dipartimento di Guerra veicola un messaggio più forte di prontezza e risolutezza rispetto a dipartimento della Difesa, che enfatizza solo le capacità difensive». Nel tentativo di «proiettare forza e risoluzione», l’ordine autorizza il Segretario della Difesa a usare i nuovi titoli come denominazioni secondarie.
Sempre nel testo, si legge che il cambio di nome «rafforzerà il focus di questo dipartimento sul nostro interesse nazionale e segnalerà agli avversari che l’America è pronta a ingaggiare guerra per garantire i propri interessi». Un esplicito via libera, dunque, a quelle guerre di invasione e conquista che si speravano archiviate nei libri di storia, almeno da parte di quei Paesi che si riconoscono nei principi della democrazia, della pace e del diritto dei popoli all’autodeterminazione. L’accento sulla «garanzia dei propri interessi» come causa scatenante di una guerra di aggressione ricorda sinistramente l’invasione russa dell’Ucraina e le ambizioni cinesi su Taiwan. Ma riecheggia anche i discorsi provocatori di Trump sugli interessi strategici statunitensi sulla Groenlandia e il Canale di Panama.
Non è la prima volta che Trump accarezza l’idea del cambio di nome del Pentagono. Ripetutamente, il tycoon ha sostenuto che gli Usa hanno avuto «un’incredibile storia di vittoria» nelle due guerre mondiali con il Dipartimento della Guerra. E si è detto fiducioso che il Congresso approvi la sua iniziativa.
I media americani, citati dalla Bbc, hanno provato a calcolare il costo dell’iniziativa. Ne è uscita la cifra di un miliardo di dollari per la realizzazione e messa in opera di nuovi indirizzi di posta elettronica, nuove divise, nuove targhe e quant’altro richieda una riedizione e ristampa. Tutti costi non necessari, che stridono con i robusti tagli in atto della spesa governativa federale. Non solo. Come la Bbc fa notare, l’annuncio sembra la risposta di Trump all’esibizione muscolare cinese con la parata militare di mercoledì scorso in Piazza Tienanmen, plaudenti i leader russo Vladimir Putin e nordcoreano Kim Jong-un. Ma appare quantomeno poco coerente con l’ambizione, mai celata da Trump, di ottenere il Nobel per la pace. Se vuoi la pace prepara la guerra, dicevano gli antichi romani. Ma resta arduo immaginare, nel Terzo millennio, che il premio agli operatori di pace passi attraverso l’attuazione di un ministero della Guerra.