Il progetto Siri è in forte ritardo, Apple non sarebbe riuscita finora a sviluppare un modello «in casa» che funzioni come previsto. Secondo Bloomberg l’aiuto starebbe arrivando da Google

A volte, se i progetti «fatti in casa» non raggiungono i risultati previsti, bisogna scegliere di affidarsi ad altri. Il caso di Siri, o meglio dell’evoluzione dell’assistente digitale di Apple, è emblematico in questo senso. Annunciato nel giugno del 2024, non è stato ancora lanciato. E, anzi, le ultime dichiarazioni dell’azienda sul tema hanno rimandato lo sbarco di questa intelligenza artificiale generativa che avrebbe dovuto trasformare Siri in un perfetto maggiordomo da tasca – completamente integrato nel nostro iPhone – al 2026. Nel mentre, ci sono voci di ritardi e diatribe interne, cambi al vertice e un po’ di delusioni tra gli utenti che erano stati abituati a ritrovarsi sul proprio dispositivo le novità quando vengono raccontate e non due anni dopo. Insomma qualcosa, nella personale corsa all’AI generativa di Apple, non sta funzionando. E possiamo immaginare che la sfida più grande sia far funzionare questi modelli così sofisticati con la sola capacità di calcolo dell’iPhone, per mantenere la promessa di garantire la massima privacy che l’azienda da sempre fa ai suoi clienti. In ogni caso, è tempo di valutare strade alternative. Bloomberg ne racconta una, che prevede l’aiuto di un vicino di Casa di Cupertino: Mountain View.

Secondo il giornalista Mark Gurman, che da tempo riesce ad anticipare i piani di Apple grazie ai suoi agganci all’interno di Cupertino, l’azienda sarebbe vicino a stringere un accordo – un nuovo accordo – con Google per portare la sua intelligenza artificiale sugli iPhone. Gemini, in particolare, dovrebbe essere sfruttata per creare un nuovo strumento per le ricerche online. Racconta sempre Gurman che al momento l’accordo prevede un periodo di test, per capire come inserire al meglio il modello di Google dentro Siri. Se tutto funzionerà a dovere, sarà integrato in altri servizi Apple: il browser Safari e Spotlight. Il sistema viene chiamato internamente «World Knowledge Answers», che possiamo tradurre con «Risposte sulla conoscenza del mondo», una sorta di nuovo motore di ricerca da poter attivare in ogni momento – parlandoci o scrivendo – grazie a Siri. 



















































In ogni caso, l’anno di uscita del nuovo Siri rimane fissata al 2026. In un primo momento, sembra che Apple volesse rivolgersi ad Anthropic: il suo modello Claude era stato giudicato qualitativamente migliore rispetto a Gemini. Ma l’azienda – che ha ricevuto finanziamenti a nove zeri da Amazon – ha richiesto una cifra troppo alta: secondo Bloomberg volevano un miliardo e mezzo di dollari all’anno per integrare la loro intelligenza artificiale generativa in Siri. Ed ecco dunque che si è tornati al «vecchio amico» Google, con cui Apple ha da anni un accordo da poco meno di 20 miliardi di dollari grazie a cui Mountain View si assicura che il motore di ricerca predefinito sugli iPhone sia il suo. Il loro rapporto è stato discusso durante il maxi-processo antitrust dove il Dipartimento di Giustizia americano ha accusato Google di pratiche anticoncorrenziali per mantenere il suo monopolio nelle ricerche online. Il giudice ha confermato l’accusa, ha imposto dei limiti agli accordi con gli altri colossi tecnologici ma non li ha vietati. 

Rimane da capire i dettagli di questo potenziale nuovo «patto» tra Apple e Google. E come Apple riuscirà a garantire la privacy ai suoi utenti. Il nuovo Siri non potenzia solo le ricerche online o offre riassunti di testi e documenti. L’idea è che si trasformi in un assistente a tutto tondo, che abbia accesso a tutto ciò che c’è sull’iPhone – anche alle attività che facciamo sullo schermo – per poterci seguire, aiutare e rispondere a ogni nostra domanda anche sulle nostre stesse informazioni. Il modello dietro a tutte queste attività doveva essere interamente sviluppato e gestito da Apple. La potenza computazionale da utilizzare è quella del dispositivo stesso e dei server del Private Cloud Compute, a cui nessuno – neanche la stessa azienda – ha accesso. Quanto questo ingresso di Google possa cambiare il progetto, è tutto da capire.

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5 settembre 2025 ( modifica il 5 settembre 2025 | 11:30)