Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport e soccorritore – –
Nel mondo della F1 ci sono delle storie segrete, fatte di dedizione e volontariato a favore dei più sfortunati che, però, vengono tenute gelosamente nascoste, quasi che mostrare il volto buono del circus sia controproducente. Una storia che merita di essere raccontata è quella di Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport, l’azienda italiana che fornisce gli pneumatici a tutte le squadre di F.1 ma anche alle monoposto di F2 e F3 che seguono il mondiale iridato. La sua è una storia che nasce nel 1988, quando da giovane liceale, è nato il 26 maggio 1968, Mario fu coinvolto da amici in un corso di soccorritore. L’inizio non fu dei più piacevoli, perché spesso, i primi arrivati su un luogo di un incidente o là dove devono intervenire i mezzi di soccorso, le scene sono sconsigliate a chi ha lo stomaco debole «devo dire che mi feci coinvolgere ma la cosa non è che mi piacesse molto – racconta oggi Mario Isola – ma cominciai a frequentare il corso Ais, Associazione italiana soccorritori al Policlinico di Milano, otto lezioni, un corso di primo soccorso. Come idea mi piacque e dopo averlo superato, ho detto: sarà il caso di continuare perché corro il rischio di dimenticarlo. Da quel momento in poi, era il 1988, non ho più smesso».
La voglia di aiutare il prossimo, però, doveva essere coniugata con la passione per i motori. Da pilota coi kart, al rally e poi in Pirelli dal 1996 seguendo tutta la trafila. Oggi l’impegno nel motorsport è decisamente pesante…
«Diciamo che di notte dormo poco perché di tempo ce ne è sempre poco. L’associazione in Croce Viola a Milano sa il lavoro che svolgo, per cui si incastrano i turni in servizio, specialmente notturni, con i miei impegni lavorativi. Volendo fare più turni diventerebbe impossibile, ci sono poi gli altri volontari e bisogna armonizzare tutte le esigenze. Io do le mie disponibilità verso settembre, ottobre, col calendario F1 già definito, dico quando posso essere di turno. Questo mese, grazie anche al fatto che si corre a Monza, quindi sono a casa, sono già quattro notti programmate di servizio per i prossimi mesi».
La domanda è spontanea: perché non ha mollato il soccorso in ambulanza visto gli impegni in giro per il mondo?
«Perché è una attività che mi gratifica, mi permette di vedere tante situazioni che non voglio lasciare, perché la ritengo una cosa che mi dà soddisfazione nell’aiutare la gente. Non so spiegarlo ma fare qualcosa di utile per chi soffre e ha bisogno mi rende davvero».
Una volta era uno dei tanti soccorritori, oggi Mario Isola è un personaggio pubblico. Un volto noto della F1, intervistato in tutto il mondo, capita mai di essere riconosciuto durante un intervento?
«Sì, ultimamente ero a soccorrere una anziana signora e il nipote continuava a ripeterle: “nonna, nonna, ma hai presente chi ti sta aiutando?” La vecchietta, ovviamente, non ne sapeva mezza di chi fossi… Capita ogni tanto che venga riconosciuto, in Pronto Soccorso gente che mi ha chiesto se fossi io e voleva la foto ricordo. A volte succede, fa parte del gioco. Quando sono di turno sono un volontario come tutti, rispettiamo dei protocolli, fare quello che ci hanno insegnato e seguire le procedure».
Questa attitudine al soccorso si è rivelata utile anche nel paddock della F1. Due anni fa il motorhome della McLaren prese fuoco e il primo a intervenire fu proprio Mario Isola, forte degli insegnamenti e delle procedure:
«Eravamo di fianco, sono intervenuto con i nostri estintori fin tanto che non sono arrivati i pompieri, poi ci hanno pensato loro. Avere esperienza con il primo soccorso in questo caso ha aiutato».
Perché questa tendenza a fare del bene, a occuparsi degli altri, viene oscurata nel mondo della F1?
«Non saprei dire, so che, ad esempio, Charles Leclerc, il pilota della Ferrari, nel periodo del Covid faceva il mio stesso lavoro con le ambulanze nel Principato di Monaco, Lewis Hamilton con la sua Mission 44, aiuta i bisognosi e dà supporto a famiglie e ragazzi in difficoltà. Forse lo diamo per scontato, ma molti nel circus fanno beneficienza, versano soldi ad associazioni, aiutano chi in difficoltà. Non si pubblicizza perché certe cose si fanno, non si dicono».
E Max Verstappen? È così duro come sembra?
«È un ragazzo d’oro, educato, velocissimo. Ecco, forse non gli affiderei subito un’ambulanza da guidare, perché andrebbe fortissimo, invece per aiutare i soccorsi queste vanno guidate con attenzione, in modo da consentire a chi è a bordo di intervenire nel modo migliore. Ma credo proprio possa essere un ottimo autista».