«Mio marito» è una serie di manifesti che ribalta lo sguardo patriarcale alla base di spazi digitali come il gruppo «Mia moglie», dove uomini condividono foto intime delle compagne senza consenso. Un atto di possesso e controllo che alimenta violenza simbolica. Ho deciso di intervenire spostando il focus: i protagonisti diventano loro, i mariti, ora esposti sulla pubblica piazza, con volti e contesti solo lievemente alterati per non renderli subito riconoscibili.

Il processo è stato diretto e provocatorio. Sono entrato nel gruppo e ho recuperato le foto postate dagli autori di revenge porn. Le ho poi modificate digitalmente, mantenendo però intatta la sensazione di intimità violata. Stampate in grande formato, le immagini sono diventate manifesti urbani. Un ribaltamento di genere: ora sono gli uomini a essere oggettificati, osservati, giudicati, subendo ciò che solitamente viene imposto alle donne.

L’opera non offre risposte ma pone domande: come reagirebbero gli uomini se fossero sottoposti allo stesso sguardo inquisitorio riservato alle donne? Si sentirebbero lusingati, indignati, feriti? Il progetto evidenzia un doppio standard, come nel caso della maestra licenziata per un profilo OnlyFans: una donna punita, mentre chi sfrutta corpi femminili resta impunito.

«Mio marito» è un invito alla riflessione collettiva. L’arte non risolve i problemi sociali – è compito delle istituzioni – ma può porre quesiti scomodi e smuovere coscienze.

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