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Ci sono stati anni in cui alla Mostra del Cinema di Venezia si sognava. Si raccontavano grandi storie d’amore, si viaggiava nello spazio, ci si immaginava la vita in universi fantascientifici, si rideva, perfino. Oggi, il festival veneziano non ha più molto spazio per i sogni. 

È la realtà dominare la scena, è lei la vera protagonista delle storie di Venezia 82. Si insinua, con forza, in tutte le pellicole in concorso, mostra a tutti la sua crudeltà, il suo incontrollabile declino lasciando addosso l’amarezza e la rassegnazione che la paura sia l’unico sentimento che siamo destinati a provare in questo momento storico. E neanche il cinema sembra più avere la forza per sognare.

Putin, Gaza, complottismo, nucleare, assassini: di cosa si è parlato a Venezia 82

C’è un tema che ha accomunato la maggior parte dei film in concorso a Venezia82 ed è quello della paura. Ancora una volta il cinema traduce in immagini i pensieri più profondi di una contemporaneità che sembra non trovare spazio per un sentimento diverso dal terrore, dalla rassegnazione che le cose non possano andare meglio di così.

A Venezia82, infatti, si è parlato di guerra con “The Voice of Hind Rajab”, il film su Gaza che possiamo considerare il vero e proprio manifesto di questa edizione del Festival. Un racconto lacerante, commovente e drammaticamente realistico che è riuscito a toccare il cuore di tutti ed è destinato a portarsi a casa, meritatamente, il Leone d’Oro.

Ma oltre al conflitto a Gaza, in questa kermesse si è parlato anche di Russia, di potere, dei lati oscuri della comunicazione con “The Wizard of Kremlin” di Olivier Assayas, un film con Jude Law nei panni di Putin ispirato al romanzo omonimo di Giuliano da Empoli. 

Si è toccato il tasto del nucleare con “A House of Dynamite” di Kathryn Bigelow che ci ha messo di fronte all’agghiacciante ipotesi di un’eventuale guerra nucleare e si è parlato di storie vere di assassini con “Elisa” di Leonardo Di Costanzo e la serie sul Mostro di Firenze di Stefano Sollima che hanno mostrato quanto il male sia banale e molto più vicino a noi di quanto possiamo immaginare. 

Guillermo Del Toro ci ha ricordato, con il suo Frankestein, quanto la paura del diverso porti a morte e distruzione e Yorgos Lanthimos, con il suo geniale “Bugonia” ci ha mostrato della pericolosità di un pensiero complottista e la possibilità di un’invasione aliena sulla Terra. 

Paura, paura, paura. Ma che fine ha fatto il sogno?

Che fine ha fatto il sogno?

Forse, non è ancora arrivato il momento dei sogni. Forse, di questi, si parlerà solo quando il mondo sarà tornato a uno stato di serenità tale che il poter sognare, il concedersi il lusso della leggerezza, sarà più semplice e più naturale sia nella vita reale che al cinema. 

Dopotutto viviamo in tempi difficili e non possiamo aspettarci che il cinema abbia la spensieratezza di farci ridere, parlare d’amore, fantasticare, almeno per ora.

Ma se da un lato capiamo cosa spinga registi e attori a dedicarsi alla sola rappresentazione della realtà, dall’altro lato pensiamo che l’arte abbia il potere di batterla questa realtà, o almeno provarci. 

E se non ce la fa il cinema a immaginare un mondo migliore, che la realtà può modellarla a suo piacimento, come può farcela la realtà che non ha questo potere?