«Non mi fido di voi. Siete loro complici, vero? Volete solo vendermi come un animale». Questo è il primo messaggio che una donna taiwanese ha inviato a un gruppo di ricercatori che da anni si occupa di Scam Cities – vere e proprie fabbriche di frodi online situate in buona parte nel Sud-Est Asiatico. La testimonianza di Alice, questo è il nome di fantasia della donna, apre Scam: Inside Southeast Asia’s Cybercrime Compounds, libro di Ivan Franceschini, Ling Li e Mark Bo, di recente pubblicato dall’editore londinese Verso. Sopravvissuta a un’esperienza di tratta a Sihanoukville, in Cambogia, Alice era senza soldi e senza documenti quando ha raccontato la sua storia ai ricercatori. «Mi sento fortunata perché sono stata salvata molto rapidamente, praticamente in una settimana», ha detto.

«Se fossi rimasta in condizioni di schiavitù per un anno o due, forse non sarei più riuscita a credere nell’umanità. So che ad alcune vittime è stato fatto il lavaggio del cervello, altre sono state torturate sino a diventare insensibili o sviluppare problemi psichici. Allo stesso tempo, le persone all’esterno, compresa la mia famiglia, pensano che io sia stata ridotta in schiavitù per stata colpa mia perché volevo arricchirmi rapidamente. Quindi ho bisogno di raccontare la mia storia».

«SCAM» racconta la vita dei cyber-schiavi come Alice all’interno dell’industria della frode online. Spesso catturate da reti criminali grazie a offerte di lavoro fasulle, le vittime vengono rinchiuse in vere e proprie prigioni e costrette a lavorare nel mercato della truffa, quel business che si serve di app come Telegram o WhatsApp, per entrare in contatto con persone sconosciute e ottenerne la fiducia, sino a spingerle a investire tutti i loro risparmi in false opportunità fraudolente. Parliamo di un’industria che genera profitti miliardari. Alice, ad esempio, era stata attirata in un compound cambogiano con la promessa di un lavoro regolare e ben retribuito. Un amico fidato nelle Filippine le aveva pagato volo e visto. In verità, era stata «venduta» per operare all’interno di Scam Cities. «All’inizio hanno cercato di costringermi a fare il lavoro di pig-butchering», spiega a Franceschini, Li e Bo. «Sapevo che era una truffa, così ho risposto che non sapevo scrivere al computer». A quel punto è stata torturata e stuprata varie volte, prima di riuscire a scappare.

Alice è una delle tante persone sfruttate nella «scamdemia», l’ondata di frodi online che ha attirato l’attenzione mondiale con l’inizio della pandemia nel 2020. «Hello», dice un volto di donna disegnato su una chat di Telegram. E, secondo le analisi, su quel primo contatto si innesta un mercato di decine di miliardi di dollari collocato in buona parte (ma non solo) nel Sud-Est asiatico. Secondo le Nazioni Unite, nel solo Sudest asiatico, le centrali della truffa impiegano oltre duecentomila cyber-schiavi. Per la Humanity Research Consultancy, i numeri nella regione sono più alti, e arriverebbero a oltre 350 mila lavoratori forzati sino a generare fino a 75 miliardi di dollari all’anno. In paesi come la Cambogia, il flusso di denaro che deriva dallo scam è pari a una buona fetta del PIL. In questo senso, parliamo di una vera e propria industria, situata all’interno di fabbriche circondate da mura e filo spinato, dalle quali non si può uscire e dentro le quali lavorano migliaia di persone in condizioni di cattività.

EMANUELE GIORDANA e Massimo Morello hanno descritto questo fenomeno nei dettagli nel loro libro: Asia Criminale. I nuovi triangoli d’Oro tra Scam City, armi, droga, pietre preziose ed esseri umani (Baldini e Castoldi, pp. 288, euro 19,00), un reportage narrativo crudo e appassionato, scritto a quattro mani da due istituzioni del giornalismo d’inchiesta. Sempre in bilico tra il mistero e la scoperta, la magia e la maledizione, il viaggio dei due autori inizia a Bangkok, dove vive Massimo Morello, e ci accompagna nel Poligono D’oro dello scam. Non è più un Triangolo D’oro, spiegano gli autori.

Oggi, «il vertice Sud è a Singapore, l’angolo a Nord-Ovest nel Rakhine birmano, quello a Nord-Est nel golfo del Tonchino, sul mar della Cina meridionale. La bisettrice del triangolo attraversa la Thailandia, intersecando i confini con Birmania, Laos e Cambogia». E al suo interno troviamo quelle che lo United States Institute for Peace chiama Special Criminal Zones, che spesso si sovrappongono topograficamente alle Special Economic Zones: enclavi cinesi all’interno di altre Nazioni, progettate dagli strateghi della Belt and Road Initiative.

I due giornalisti, che hanno dedicato la loro vita a raccontare le luci e le tenebre di queste terre, ci accompagnano in queste zone attraverso i confini della Birmania e del Laos. «L’acqua del pesce truffa è la guerra», scrivono gli autori, «e le frontiere». In questo senso, le Scam City proliferano soprattutto nelle zone in cui c’è un conflitto e i controlli non esistono «mentre la corruzione regna sovrana».

Uno dei casi più eclatanti è quello di Sihanoukville, sino a qualche anno fa una piccola cittadina cambogiana affacciata su una spiaggia di sabbia bianca. Nella sua prima vita, il lungomare punteggiato di piccoli bar doveva diventare una destinazione commerciale per il Made in China. Nel 2020, tuttavia, Sihanoukville sembra «una città dove è passata la guerra», con centinaia di palazzi fantasma, cantieri abbandonati e grattacieli non terminati.

LA STORIA È SEMPLICE, scrivono gli autori. In pochi anni, la città ha attraversato un ciclo di crescita vertiginoso, legato all’apertura di decine di casinò e alla legalizzazione del gioco d’azzardo per stranieri. In pochi anni, hotel, grattacieli e casinò a ogni angolo hanno trasformato la città. In quel periodo, l’affitto di un appartamento è andato alle stelle, passando da 250 a 12 mila dollari al mese. La città era diventata una meta del turismo ludopatico, mettendo in moto una gigantesca macchina edilizia in cui il denaro riciclato dal gioco muoveva lo sviluppo immobiliare.

Nel 2019, poi, la messa al bando del gambling online ha trasformato Sihanoukville in una città di fantasmi, in cui ex hotel a cinque stelle sulla spiaggia diventano prigioni, compound con le finestre oscurate, guardie armate all’ingresso, in cui centinaia di persone lavorano come cyber-schiavi. Nelle pagine di Asia Criminale, il prima e il dopo di queste terre coesistono, l’eccitazione si mescola all’orrore, e queste fabbriche sembrano incarnare di volta in volta un caso estremo di economia sommersa e l’ultima evoluzione del capitalismo. È proprio a Shianoukville gli autori dei due testi si incontrano.

Giordana e Morello raccontano di una cena con Ivan Franceschini in un ristorante sul Mekong, a Phnom Penh, in cui quest’ultimo racconta loro di aver recuperato un manuale di istruzioni per scammisti. Tra investimenti in criptovalute e romance scam, la truffa si serve di manuali di formazione veri e propri, come il manuale Frasi per amore, amicizia e gioco d’azzardo. «Il contenuto include istruzioni su come attirare clienti e convincerli facilmente a investire», spiegano gli autori. «Come rendere felici le persone attraverso la conversazione», titola uno dei capitoli, che spiega come usare il contatto umano per ottenere la fiducia delle vittime e derubarle. Il pig butchering, del resto, come viene definita l’arte della truffa, è un processo di seduzione, attraverso il quale le prede vengono corteggiate con le parole e intrappolate in una relazione truffaldina, per poi essere convinte a investire tutti i loro risparmi in operazioni inesistenti – o spolpate come maiali, se vogliamo seguire la metafora. È qui che il tema si fa interessante.

IL TESTO di Giordana e Morello, infatti, è sì un viaggio nel cuore di tenebra asiatico ma è anche, paradossalmente, un libro sul capitalismo contemporaneo. In queste fabbriche, la truffa è il business del futuro. Dal punto di vista della produzione, si nutre di schiavi senza diritti. L’esca che lo anima, tuttavia, è il contatto umano, quella finta vicinanza che fa sì che, quando una chat di Telegram dice Hello, a incontrarla dall’altra parte ci sia una persona che ha abbastanza solitudine in corpo da scegliere di rispondere. Da un lato, cyber-schiavi che lavorano a gratis, dietro il ricatto della violenza. Dall’altro, consumatori disposti a investire i risparmi di una vita in una merce tanto effimera quanto il contatto umano. Isolate ciascuna nei loro piccoli alveari, vittime truffano altre vittime. E una mafia predatrice si arricchisce sulla pelle di entrambe.