di
Paolo Mereghetti
Miglior film a «Father Mother Sister Brother»? Troppa grazia. Così come il premio alla regia di Benny Sefdie per «The Smashing Machine»
Che dire? Contentissimi per Servillo e Gianfranco Rosi (ma dispiaciuti che così non abbiano potuto essere premiate le attrici di Duse o Elisa), ma il Leone d’oro a Jarmusch sembra davvero troppa grazia. Così come il premio alla regia di Benny Sefdie per The Smashing Machine. Quasi tutti i film di Jarmusch erano migliori del surrogato di minimalismo con cui ha costruito un giochino facile facile, stiracchiato oltremodo.
Possibile che i membri della giuria, che contava, oltre al presidente cinefilo Alexander Payne, nomi di primissima grandezza, si siano accontentati di quelle quattro rime baciate che Jarmusch ha messo nel suo Father Mother Sister Brother? Il resto del programma era così poco interessante? E che dire degli inseguimenti di Sefdie con la macchina a mano dietro le spalle infinite di Dwayne Johnson: una prova di regia meglio di quella di Ilidikó Enyedi? Della stessa Donzelli che ha vinto il premio alla sceneggiatura mentre la qualità principale del suo film è proprio il pudore e la grazia con cui mette in scena le disavventure del fotografo-scrittore? Mah…
Che il Leone d’argento andasse a Ben Hania era praticamente scontato, ma anche giusto perché il film sulla tragedia della piccola Hind Rajab è costruito con molta sapienza, senza cedere ai ricatti o alle tirate ideologiche, ma cerca di confrontarsi con il rapporto che esiste tra realtà e finzione mettendoli l’una di fianco all’altra. Ultimo film in concorso, il melodramma cinese che ha fatto vincere a Xin Zhilei la coppa Volpi è il ritratto dolente di una donna schiacciata dal passato: ben recitato ma non una prova da premio. Ma probabilmente la coppa (meritatissima) a Servillo ha bloccato le concorrenti italiane. Accontentiamoci, perché poteva anche andare peggio.
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6 settembre 2025 ( modifica il 6 settembre 2025 | 21:39)
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