di
Giovanna Maria Fagnani
La storia del beato di internet morto a 15 anni nel 2006. Amante del sassofono e dei videogiochi, predicava la fede e l’amore verso il prossimo
Di santi adolescenti la Chiesa ne ha avuti diversi (tra questi Santa Agnese, San Domenico Savio, solo per fare qualche esempio). Ma Carlo Acutis, il quindicenne milanese che sarà proclamato santo oggi da Papa Leone XIV è il primo santo «millennial». Il primo ad avere avuto le due vite che oggi coesistono per quasi tutti noi: quella reale e quella virtuale. Il primo della storia a crearsi un profilo social, su Facebook, e a usarlo per evangelizzare, precursore dei numerosi, ormai, «missionari digitali». Con lui anche il web ora ha il suo patrono.
Carlo morì nel 2006, a seguito di una leucemia mieloide acuta. Oggi alle 10, in piazza San Pietro, la messa di canonizzazione che vedrà Carlo santo, insieme a Pier Giorgio Frassati, 24 anni, studente torinese. Li accomunano l’origine in famiglie benestanti e l’immenso amore per l’eucarestia e l’impegno per il prossimo. Alla celebrazioni sono attese centinaia di migliaia di fedeli, tra cui tantissimi giovani. E delegazioni delle scuole che ha frequentato: l’istituto delle Marcelline di piazza Tommaseo e il Leone XIII. Ma l’emozione più forte la vivranno i genitori di Carlo: Antonia Salzano e Andrea Acutis, e i suoi fratellini, i gemelli Michele e Francesca, nati nel 2010.
La vita
Carlo invece nacque a Londra nel 1991, per caso: Andrea, presidente di Vittoria Assicurazioni, e Antonia si erano si erano trasferiti nella City per lavoro, ma dopo poco tornarono a vivere a Milano. Dopo la materna al San Carlo e poi le primarie e le medie all’istituto Tommaseo delle Suore Marcelline, si iscrisse al liceo classico Leone XIII. Non era uno studente modello, anzi. «Difficilmente incasellabile», ricorda la sua maestra Valentina Quadrio. Educatissimo e con uno sguardo sempre ai compagni più fragili, alternava voti alti in ciò che gli interessava (soprattutto l’informatica, che studiava da solo su testi universitari) a note perché non faceva i compiti. E si giustificava: «Avevo di meglio da fare». Ovvero usare i soldi della paghetta per acquistare cibo e sacchi a pelo da donare ai senzatetto. Fare il volontario nella mensa dei Cappuccini o aiutare al doposcuola.
La messa
I suoi genitori non erano religiosi, né praticanti. Invece lui andava a messa ogni giorno, si confessava. Ricevette la Comunione in anticipo, rispetto all’età consueta, grazie a uno speciale permesso del direttore spirituale, don Ilio Carrai, che di lui diceva: «Non era un credente militante, che faceva proselitismo». Per lui parlava la sua vita. Una vita da adolescente che, accanto ai videogiochi, alla musica col sassofono, allo sport, includeva la fede, la preghiera e l’amore per il prossimo: «Ciò che veramente ci renderà belli agli occhi di Dio sarà solo il modo in cui lo avremo amato e come avremo amato i nostri fratelli», si legge in uno dei suoi scritti. E infatti ciò che Carlo faceva era sconosciuto ad amici e familiari: emerse tutto dopo la sua morte, avvenuta a soli tre giorni dalla diagnosi.
La malattia
Quando gli ematologi gliela comunicarono, reagì con dolcezza e disse: «Il Signore mi ha dato una bella sveglia». Morì il 13 ottobre del 2006, con indosso una semplice tuta da ginnastica. Si portò via i suoi sogni e desideri. Qualche giorno prima aveva chiesto alla mamma: «Che cosa diresti se diventassi sacerdote?». E confidò ai genitori: «Muoio felice perché non ho mai sprecato un minuto della mia vita in cose che non piacciono a Dio». In tuta e sneakers è stato sepolto a Assisi, la città che amava perché trovava un modello di vita in San Francesco e dove trascorreva le estati, nella casa di famiglia. In agosto 121 mila fedeli hanno visitato la basilica dove riposano le sue spoglie. Dopo la morte, ha ricordato sua madre, è cominciato ad accadere dell’incredibile. La sua fama ha cominciato a girare il mondo, con la mostra «Miracoli eucaristici», da lui ideata quando aveva solo 12 anni e pubblicata sul suo sito web (criticata dal Times of Israel, perché alcuni di questi miracoli riporterebbero accuse agli ebrei). Prima centinaia di persone, poi migliaia, dicevano di aver cominciato a pregare Carlo per ottenere la sua intercessione. E arriveranno anche due miracoli riconosciuti.
I miracoli
Poi, arriveranno i due miracoli che hanno permesso la canonizzazione: le guarigioni scientificamente incomprensibili di un bimbo brasiliano affetto da una malformazione congenita al pancreas, che aveva toccato una reliquia di Carlo e, nel 2022, la vicenda di Valeria Valverde, 21enne del Costa Rica arrivata a Firenze per studiare, in condizioni disperate dopo un incidente in bici. La madre si recò ad Assisi a pregare e, la stessa sera, ricevette dall’ospedale la chiamata che l’avvertiva che la figlia si stava riprendendo. Oggi Valeria sta bene, ha scelto di vivere a Milano, vicino alla parrocchia di Carlo.
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7 settembre 2025
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