«Questa è la storia di Bob Burgess, un uomo alto e massiccio che abita nella cittadina di Crosby, nel Maine, e al momento ha sessantacinque anni. Bob ha un gran cuore ma non sa di averlo; non diversamente da molti di noi, non si conosce bene come pensa, e non crederebbe mai che nella sua vita ci sia qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Invece è così; come per tutti noi». Questo l’incipit di Raccontami tutto, che tradotto per i tipi di Einaudi dall’ottima Susanna Basso è il nuovo, brillante libro di Elizabeth Strout. Scrittrice tra le più apprezzate negli USA, Strout torna in libreria anche da noi con un romanzo nel quale le sue lettrici e i suoi lettori ritroveranno figure a loro familiari, in storie che accostate tra loro come nella composizione di un mosaico vedono tra i protagonisti Jim e Susan, il fratello e la sorella di Bob, o l’ex moglie di lui Pam. Nel corso della sua carriera letteraria, iniziata alla fine degli anni Novanta con la pubblicazione di Amy e Isabelle e proseguita con altri otto romanzi prima di Raccontami tutto, tra cui quelli dei cicli dedicati rispettivamente a Olive Kitteridge e a Lucy Barton, l’autrice originaria di Portland nel Maine ha infatti saputo ricreare un mondo chiaramente ispirato alla sua terra, uno dei cosiddetti swing-state da cui dipendono i risultati delle elezioni americane, compiendo un’operazione simile a quella del connazionale Kent Haruf.

E sono proprio l’ormai novantenne Olive Kitteridge – la cui migliore amica è la stessa Isabelle del romanzo d’esordio – e Lucy Barton a raccontarsi e a raccontarci le storie che troviamo in questa nuova prova narrativa. Come ricorderà chi ha letto Lucy davanti al mare, uscito lo scorso anno sempre per Einaudi e con la traduzione di Susanna Basso, Lucy e l’ex marito WIlliam avevano scelto Crosby all’epoca della pandemia di Covid 19 per evitare di vivere a New York durante il cosiddetto lockdown. In quella cittadina avevano dunque preso in affitto una casa, e se in un primo momento quella soluzione d’emergenza era parsa essere provvisoria ora scopriamo che così non è stato: i due hanno non solo deciso di restare lì dove si erano rifugiati ma anche di risposarsi. Suscitando più di un malumore tra i residenti, non per via del nuovo matrimonio ma per aver contribuito a far schizzare alle stelle i prezzi del locale mercato immobiliare, per tacere della «naturale ostilità verso i newyorkesi». Ma chi è stato a introdurre presso la comunità locale William e Lucy – che fa la romanziera, altra cosa che non ha contribuito ad accrescere la sua popolarità tra gli abitanti della cittadina? Il succitato Bob Burgess, che in gioventù per un pezzo ha fatto l’avvocato a New York, dove contava William tra i suoi clienti, e che è tornato nel Maine da quasi una quindicina d’anni, ovvero da quando ha sposato Margaret, ministra della chiesa unitariana a Crosby.

Sta di fatto che nella storia della cittadina c’è stata una frattura, a proposito della quale circolano diverse teorie, che i cartelli su Main Street della serie “Cerco aiutante” o “Offresi impiego” fotografano bene: perché la maggior parte dei residenti è più o meno vecchia, e da quanto si dice i pochi giovani sono affetti da dipendenze come i videogiochi o gli oppiacei. Vite fragili, come peraltro quelle di molti adulti. Ciascuno con la sua storia, che ritiene non valga la pena di raccontare. Ma per tornare a quanto detto nell’incipit è davvero così? Per dire: l’ex moglie di Bob, Pam, che è diventata un’alcolizzata, è stata l’amante di William. Com’è che Bob e William sono rimasti amici? Sempre a proposito di Bob, la sua infanzia è stata segnata da una tragedia di cui la gente del posto parla solo a bassa voce. Di che cosa si tratta? E che ruolo ha avuto in quella vicenda suo fratello Jim, che intanto ha perso sua moglie? Ma anche Olive, alla sua veneranda età, avrebbe una storia da raccontare: quella di sua madre, innamorata di un uomo ma costretta a sposarne un altro. E tocca a Lucy, e dunque a chi nella vita raccoglie e scrive storie, talvolta rubandole oppure inventandole, farla parlare.

In apparenza, quelle dei personaggi di Raccontami tutto sono storie abbastanza banali legate a drammi e traumi familiari, che tuttavia Lucy non ritiene tali e che – al di là del ritorno sulla pagina di determinate figure – non si discostano dalla pregressa produzione letteraria di Elizabeth Strout. Solo che a un tratto, ecco che nella vita quotidiana dell’umanità di Crosby irrompe qualcosa di totalmente inaspettato. Il cadavere di una donna, Gloria Beach, viene rinvenuto in una cava dei dintorni, e il principale sospettato è il figlio della vittima, un artista che in virtù della vita appartata che conduce e della sua introversione è facile preda del pregiudizio dei più. Ed è Bob a farsi carico della sua difesa: già, perché con il suo vissuto sente il bisogno di occuparsi del caso di un uomo accusato di avere ucciso la madre.

Elizabeth Strout mostra ancora una volta la sua abilità nel penetrare il cuore delle persone – non dei personaggi, come prescritto da Hemingway – a cui dà vita nelle sue pagine. Sa ascoltare, sa osservare, sa restituire con verità sentimenti e emozioni comuni a tutti noi, di cui molto spesso però ci vergogniamo e di cui non riusciamo a parlare. Conosciamo davvero chi abbiamo al nostro fianco? Ce ne prendiamo davvero cura? O preferiamo fingere di non vedere, evitare di ascoltare? In tutto questo, Strout sa raccontare la solitudine di tanti americani che, dopo la pandemia e la crisi economica, si sono ritrovati ad avere problemi di dipendenza e salute mentale in un Paese che non riconoscono più. «Quando pensava alle condizioni in cui versava il Paese, a Bob veniva spesso in mente l’immagine di un enorme autotreno lanciato in autostrada che una alla volta perda le ruote».