È partita ieri, 5 settembre, a Reggio Emilia, la Festa nazionale di Emergency: tre giorni di eventi, musica, dibattiti e cultura incentrati sul tema “La voce”, in cui giornalisti, filosofi, attivisti e medici dialogheranno su guerra, diritti umani e solidarietà.
Tra i protagonisti: Sami M. H. Alajrami, già corrispondente da Gaza per l’ANSA, Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, e Rossella Miccio, presidente di Emergency; Piero Pelù chiuderà la kermesse con un concerto e un viaggio nei primi dieci anni dell’associazione. Il programma prevede anche la presenza di scrittrici, infermiere, coordinatori medici e voci emergenti tra piazze, palazzi e cortili del centro.

Non è mancato, fin dall’apertura, il riferimento alla guerra in Medio Oriente: la retorica su Gaza è tornata centrale nei dialoghi e negli interventi. Una narrativa classica – popolo palestinese vittima, Israele oppressore, Occidente distratto – ripetuta talmente spesso da risultare più uno slogan che un’analisi. Una retorica che rischia di appiattire la complessità del conflitto, trasformando il dibattito in piazza anziché in confronto.

Eppure, proprio il fondatore dell’associazione, Gino Strada, aveva sempre guardato a un discorso più concreto. Chirurgo in zone di guerra reali come Afghanistan, Sudan, Iraq o Sierra Leone, Strada ha scelto di affrontare la sofferenza, non di schierarsi in modo astratto. Da Gaza – e per estensione dalla Palestina – ha preferito mantenere una sorta di distanza. Una distanza di sicurezza, verrebbe da dire. Le sue parole sono scolpite nella pietra; peccato che oggi molti preferiscano lanciare pietre, anziché trasformarle in pietre miliari di memoria e ragionevolezza.

Strada raccontava di un tentativo fallito: «Coi palestinesi ci ho provato, un ospedale a Ramallah. Andai dal ministro. Mi disse: “Ma voi avete cinque milioni da spendere? Sa, un posto vale 100 mila dollari. Arrivederci.” Ho sempre pensato che una parte d’aiuti alla Palestina finisse altrove». Una frase che dice più di mille comizi: denuncia della corruzione, consapevolezza dei limiti reali di un impegno umanitario ostacolato dalla politica.

Emergency farebbe meglio a rivendicare oggi la chiarezza e il coraggio delle azioni concrete di Gino Strada, invece di cedere alla moda del pacifismo di maniera, vittima facile del consenso. Lo spirito originario dell’associazione non era slogan, ma testimonianza. Non ha costruito il suo valore sui social, ma sulle ambulanze, negli ospedali, mescolando sangue e speranza.
Mentre la Festa nazionale prosegue tra appelli e cori, la sfida più reale è reagire con meno estetica e più verità. Meno retorica, più concretezza. La pace, alla fine, non si proclama: si pratica.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.

Aldo Torchiaro