voto
7.5
- Band:
SCORPION MILK - Durata: 00:36:01
- Disponibile dal: 19/09/2025
- Etichetta:
- Peaceville
Streaming non ancora disponibile
La poliedricità di Mat McNerney è proverbiale e lo ha condotto negli anni in molti punti del metal estremo, preferibilmente di impronta eccentrica e sperimentale, portandolo più avanti negli anni ad avvicinarsi a un altro contesto, quello del post-punk/dark rock metallizzato: una corrente divenuta pervasiva nel metal odierno, estremo e non, della quale l’artista di origine inglese e da molti anni trasferitosi in Finlandia è uno dei principali responsabili.
A distanza ormai di oltre dieci anni possiamo affermare che i suoi Beastmilk con “Climax” abbiano pubblicato uno dei dischi più importanti del loro periodo storico, spandendo un’influenza duratura sul metal venuto in seguito, in maniera più o meno diretta. E se in termini di vero ‘successo’ i Beastmilk prima e la loro successiva incarnazione, i Grave Pleasures, ne hanno guadagnato in maniera relativa, rimanendo una creatura tutto sommato underground, l’aver rivitalizzato un certo suono e immaginario rimane un merito indiscutibile.
In un’annata che lo ha già visto tornare sul mercato con il nuovo, ottimo, capitolo a firma Hexvessel, “Nocturne”, McNerney si ripresenta all’iniziar dell’autunno con un disco solista, dal cui moniker già si intuisce dove andremo a parare. C’è sempre il latte di mezzo, in questo caso quello di scorpione, e l’idea manifesta di questo “Slime Of The Times” è proprio quella di riprendere in mano le amate venature post-punk, in un’ottica più datata di quella dei Grave Pleasures, costruendo un ideale ponte tra l’operato di seminali band ottantiane (Killing Joke, The Sisters Of Mercy) e quello di realtà recenti, come Health, Drab Majesty, Molchat Doma.
Per questo suo esordio solista McNerney si è avvalso di collaboratori di un certo perso, come Tor Sjödén dei Viagra Boys alla batteria, Nate Newton (Converge, Cave In) al basso, alcune fugaci apparizioni di ‘Big’ Paul Ferguson dei Klling Joke e Will Gould dei Creeper alla voce principale per “She Wolf Of London”. L’album è stato interamente prodotto e registrato da McNerney medesimo presso i Pine Hill Studio, nella sua Finlandia, lasciando poi il missaggio a Wayne Adams nei Bear Bites Horse, mentre il mastering è stato effettuato presso i celebri Abbey Studios.
Il risultato finale è direttamente discendente dell’idea di post-punk maturata dal cantante inglese negli anni: una musica dal feeling contagioso, ipnotica e avvolgente, dal suadente fascino notturno, intrisa di una rabbia sotterranea, amara, disillusa, e una malsana voglia di divertimento che cerca di dissipare, o di omaggiare, tutta questa negatività.
Rispetto alle incarnazioni Beastmilk/Grave Pleasures, il tessuto sonoro sa maggiormente di vintage, con un minore ardore metallico addosso. Non c’è l’esplosività di album come “Climax” e “Motherblood”, affiora qua e là il taglio più calmo e riflessivo di “Plagueboys”, ma siamo comunque su un campo da gioco leggermente differente. Certo, l’impronta è quella, la voce è troppo inconfondibile, caratteristica, per ingannarsi, ma pure il modo di svilupparsi della musica è immediatamente riconducibile al suo autore.
Le sensazioni indotte sono dolcemente ottantiane, figlie veramente di un altro ecosistema e la produzione va in questo senso a staccare nettamente con altri album prodotti di recente in ambito post-punk metallizzato. È più secca, affilata e sottile, non c’è la ricerca della botta di suono a tutti i costi, è pulita il giusto e ha una consistenza poco patinata che potrebbe ricordare il suono dei Rope Sect, tanto per dare un riferimento coevo.
Mentre a livello stilistico ci si permette più di una divagazione, iniettando un rude spirito punk in tanti frangenti, facendo risultare “Slime Of The Times” un disco instabile, che da un lato regala spunti affabili e di facile ascolto, dall’altro crea disturbo, rumore, un pizzico di disagio.
Volendo ritrovare per forza di cose l’impronta ‘alla Grave Pleasures’, questa se ne esce bellamente negli episodi più scatenati, quelli da ballo contagioso e tarantolato sull’orlo del precipizio e qui svetta la fiammante “She Wolf Of London”. Non è questo però il sentiero prediletto della tracklist, che vive più spesso di loop ipnotici, strappi vocali rabbiosi e un’indole da inquieti bassifondi (“Wall To Wall”, “The Will To Live”); oppure c’è la calma estatica nell’osservare il disastro tutt’attorno, quella del primo singolo “Another Day, Another Abyss” o della title-rack.
La domanda che vi state probabilmente ponendo fin dal primo rigo della recensione, è inevitabilmente questa: siamo sui medesimi livelli dei Beastmilk e Grave Pleasures? Quasi.
Il disco funziona bene nel suo complesso e nei singoli episodi, suonando inoltre come qualcosa di caratteristico e non sovrapponibile ad altri progetti di McNerney. Belle le atmosfere evocate, efficace il songwriting e il clima tossico e decadente iniettato da queste amare sonorità.
Non ci sono, a nostro avviso, le vette raggiunte in altre occasioni: forse sentiamo la nostalgia dell’esplosività apocalittica di “Climax” e “Motherblood”, eppure anche l’incedere ragionato del più recente “Plagueboys” possedeva un pizzico di magia aggiuntiva rispetto a “Slime Of The Times”.
Buono comunque anche questo esordio a firma Scorpion Milk, con un artista di questa levatura ci rendiamo conto di essere particolarmente esigenti, proprio per l’alto livello a cui ci ha abituato con le sue uscite. A scanso di equivoci, se pure questo disco dovesse prossimamente diventare una formidabile fonte di dipendenza, non ce ne stupiremmo affatto…